David Miley comincia la propria campagna come candidato alla carica di presidente dell’ITF

A pochi passi dall’All England Club, cominciando una partita che non si giocherà sui campi ma attorno ai tavoli, dove i fondamentali non saranno dritto e rovescio ma programmi di lavoro e soluzioni che riportino l’ITF ai fasti di un tempo. L’irlandese ha dimostrato di avere le idee chiare sulla ricetta da utilizzare.

David Miley ha dimostrato di avere le idee chiare sulla ricetta da utilizzare per cambiare e migliorare la struttura dell’ITF: creazione di un nuovo ruolo di “chairman” a fianco del ruolo del presidente, l’introduzione di un nuovo campionato del mondo ITF, l’organizzazione di un global summit del tennis mondiale nel 2020 e nuove regole nel tentativo di adeguare il tennis odierno ai ritmi frenetici della vita di tutti i giorni. In campagna elettorale, si sa, si pensa sempre in grande, ma il tentativo è quello di invertire la rotta che ha portato dal 1990 ad oggi l’ITF a perdere sempre più terreno nei confronti dell’ATP, fino ad avere il “controllo” solamente del torneo olimpico, perdendo gradualmente sempre più aree di influenza. Il Transition Tour è infatti solo l’ultimo dei buchi nell’acqua fatti dalla federazione, che si somma al fallimento della nuova Davis e al fatto di aver perso peso decisionale anche sui quattro tornei del Grande Slam da quando questi si autogestiscono nel Grand Slam Board e preferiscono di fatto trattare direttamente con l’ATP. Dopo una critica al Transition Tour – reo a detta di Miley di aver mancato di rispetto ai giocatori di livello inferiore, l’argomento cardine dei progetti futuri è stato proprio il coinvolgimento dei giocatori ai giochi olimpici, facendo leva sui propri tornei, Coppa Davis e Fed Cup: “l’ITF è l’organo di governo del tennis ed è molto importante che si impegni a incoraggiare gli atleti a partecipare alla Coppa Davis e alla Federation Cup. Non credo che sia irragionevole da parte della federazione richiedere la partecipazione a un numero minimo di eventi per qualificarsi alle Olimpiadi. L’ATP può imporre come obbligatori alcuni tornei, non vedo per quale motivo l’ITF non possa fare lo stesso nell’ambito della partecipazione olimpica. Chiedere agli atleti di giocare in Coppa Davis o in Fed Cup un paio di volte nel corso di di quattro anni non mi pare una pretesa eccessiva”. Alla sollevazione di critiche riguardo al fatto che queste restrizioni portano a un allontanamento dei giocatori di primo piano dalle olimpiadi, l’irlandese sposta l’attenzione sulle nazioni sottosviluppate che ad oggi non partecipano ai tornei e tenta di rilanciare la vecchia soluzione dei tornei di qualificazione per guadagnare i pass olimpici che si terrebbero due mesi prima dei giochi e che a suo dire coinvolgerebbero molte più nazioni, ovviamente non senza la collaborazione di ATP, WTA e CIO. Nei programmi di Miley c’è poi l’ambizione – o l’utopia – di raddoppiare nel giro di dieci anni il valore del mercato globale del tennis – che ad oggi si aggirerebbe intorno ai 22,5 miliardi di dollari – e di avere più denaro da distribuire alle Federazioni Nazionali. Alla domanda di come si può garantire che l’esubero degli eventuali incassi vengono poi effettivamente redistribuiti alle federazioni che ne hanno bisogno l’irlandese ha la risposta pronta: “dobbiamo prendere a modello i paesi come Norvegia, Canada e Australia che riescono ad aumentare il numero di praticanti e ottengono ottimi risultati, dobbiamo fare in modo che sempre più nazioni facciano le stesse cose che fanno loro. Per fare questo l’ITF deve emanare linee guida molto precise su come far crescere il tennis a livello locale, lasciando comunque margini sotto il profilo dell’implementazione operativa”. Un altra proposta sulla scia di questo proposito è stata quella di fondare un player council con 12 giocatori in concomitanza all’invio di rappresentanti dell’ITF nei tornei di livello più basso per ascoltare ciò che hanno da dire. In altre parole: tentare di avvicinare l’ITF alle federazioni nazionali in modo da cercare di trovare il bandolo della matassa per riuscire a coinvolgere più giocatori possibile a cercare di partecipare alle olimpiadi. Lo stesso Miley si è prefisso di visitare 45 paesi prima della votazione in un vero e proprio tour di sensibilizzazione e raccolta voti. Miley si è anche sbilanciato a riguardo della necessità di modernizzare il gioco: “i formati devono riprodurre emozioni più rapidamente – ha affermato l’irlandese – quando gli stili di vita cambiano come sta facendo il nostro, il prodotto va adeguato al cambiamento”. Una partita difficile quella di Miley, che a settembre avrà nelle elezioni il suo risultato finale. Quanto a quella di mantenere le promesse fatte, è ancora tutta da giocare.

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