Djokovic emiro a Doha

Il serbo vince una finale a senso unico umiliando Nadal, che nonostante l'arrivo in finale, si ritrova ridimensionato dal torneo in Qatar. Djokovic ingiocabile o Nadal troppo approssimativo?

Nole Djokovic ha vinto il torneo ATP 250 di Doha per la prima volta. Tecnicamente, la notizia sarebbe questa. In realtà c’è ben altro.
Intanto la conferma che il numero 1 del mondo è, al momento, ingiocabile eccetto che per due giocatori, ovvero Andy Murray e Roger Federer, gli unici in grado di farci partita, al momento. Non certo di batterlo, perché sul pianeta non ci risulta ci siano umani a disposizione per la bisogna. L’altra notizia, più amara per i fans di Rafael Nadal, è che il loro beniamino è più o meno dove lo abbiamo lasciato nel 2015, ovvero in ambasce quando deve giocare con top 15. Figuriamoci se gli tocca Djokovic.

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Il risultato della finale, 6-1 6-2, è severissimo. Le statistiche (delle quali non siamo mai stati particolari estimatori da queste parti) impietose. Il campo, che non mente mai, ci parla di un Nadal che ha giocato praticamente per tutta la partita sulla scritta Qatar, ovvero a 4-5 metri dalla linea di fondo. Talvolta anche dietro. Ha anche provato a servire un po’ più forte, proponendo questa come unica variazione tattica per battere il serbo, ma i risultati sono stati abbastanza deludenti. Ed è proprio questo forse l’unico argomento di cui parlare. Perché lo spagnolo ha beneficiato di un tabellone adatto ad un challanger da seconda settimana Slam, con buoni giocatori, che lo ha portato non senza patemi in finale. Chi ha pensato ad un Nadal ritrovato dovrà opportunamente attenderlo al varco di tabelloni più pesanti. E dicevamo della variante tattica. Ci chiediamo: può un giocatore in doppia cifra sugli Slam, non riuscire ad opporre una variante tattica dinanzi alla superiorità schiacciante del suo avversario. Che senso ha continuare a giocare la stessa partita con risultati, a tratti, umilianti? Pensiamo al punto del 4-1 nel secondo set. Un tema di discussione serio che investe tutto il movimento tennistico, la formazione dei giocatori ed il sostanziale appiattimento che in pochi denunciamo da 10 anni a questa parte solo su un tipo di gioco, ovvero il pressing da fondo campo, grandi arrotate e corse a perdi-fiato.

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Passata la sbornia per le vittoria mirabolanti di Nadal che misero fine alla “era Federer” e di Djokovic che iniziava il suo dominio, a bocce ferme, dobbiamo registrare che l’unica variazione tattica che il nostro sport registra da molti anni a questa parte è la risposta anticipata di Federer ed il suo ritorno a rete (dopo anni passati a rincorrere i topponi di Nadal). La novità da un giocatore che festeggerà quest’anno le 35 primavere. Qualche giorno fa abbiamo scritto che Djokovic, invece, può essere battuto solo da se stesso. E oggi troviamo clamorosa conferma. Comincia ora la “caccia al Nole”, perché farà notizia chiunque riuscirà a batterlo: ma attenzione, tra una sconfitta occasionale e l’inizio di una competizione reale, ne passa. L’impressione è che il dominio serbo perdurerà anche nel 2016.

Non abbiamo parlato molto del match. Chi si aspettava una cronaca forse resterà deluso, così come tutti quelli che oggi si aspettavano una partita. Si è trattato invece di una spaventosa esibizione di forza, di potenza, di precisione e di concentrazione. Un match da mostrare (o forse no) ai giovani che si allenano in giro per il mondo per diventare giocatori. 16 finali consecutive per Djokovic: dobbiamo aggiungere altro? Nelle dichiarazioni post-partita il numero 1 ha parlato della sua fiducia (e ci mancherebbe), delle sensazioni che sta provando. Con grande fair-play ha affermato che “non importa dove ci incontriamo, ma ogni volta che gioco contro Rafael è sempre una sfida“. Oggi tutti sanno, loro per primi, che le cose non sono andate così.
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Infine una nota di colore. La sobrietà della cerimonia di premiazione. Cosa si dovranno inventare a Melbourne per non sfigurare?

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