Tsonga o non-Tsonga?

Jo-Wilfried Tsonga è tornato ad Indian Wells e come spesso capita ai top players che hanno passato una mano a causa di infortuni nella stagione precedente, in questi appuntamenti importanti, è finito sotto la lente della stampa. Così accade che il transalpino abbia rilasciato una di quelle interviste che chiunque, nel senso proprio di chiunque, può rilasciare. Domande tipo: “sei contento di essere tornato?”, che meritano risposte quali “certo, è tutto bellissimo, dal tempo al transportation”.
Se volete leggere questo imperdibile momento di giornalismo ecco il link giusto, con tanti complimenti all’acuto addetto stampa.

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Se invece vorrete ragionare su questo giocatore e sulle prospettive che la sua carriera offre, state leggendo l’articolo giusto (quanto fiducia eh!).
Vedendo giocare Tsonga contro Dominique Thiem, le impressioni che balzano agli occhi sono essenzialmente due: la tranquillità di questo giocatore, che si diverte palesemente in campo, che pensa molto in positivo e non si crogiola nella disperazione dopo ogni errore, e, soprattutto, la confidenza nel proprio dritto e nel proprio servizio.

Al di là delle ovvietà dell’intervista citata, vengono fuori due considerazioni che Tsonga fa. La prima: non mi alleno molto sui colpi deboli (rovescio) e sulla tattica, altro tallone notoriamente d’achille per il transalpino. La seconda: faccio un lavoro che mi diverte, per il quale non ho bisogno di motivazioni. Non so a voi, ma a me pare davvero molto in questi anni in cui l’aspetto motivazione fa sempre preoccupare molti coach che perdono per strada diversi giocatori nel passaggio dall’attività juniores a quella pro.  Tsonga è infatti proprio uno di quei giocatori che andrebbe preso a modelllo di un certo modo di stare in campo e di condurre la propria carriera, un modo che al netto dei 12 tornei vinti, parla di un passaggio, seppure fugace, in top 5 e di seconde settimane Slam frequentate con buona continuità.

Si diceva del match con Thiem: al di là della scarsa vena dell’austriaco, il dato che emerge è che proprio chi sta bussando alla porta della top10 deve ancora mangiare pane duro e viene rimandato indietro da chi, con il 3 sulla carta d’identità, la tiene chiusa, quella porta. Servizio e dritto: inside-out, lungo riga. Comunque giocato quel dritto esprimeva la voglia di fare il punto, di cercarlo, senza aspettare bonus dal proprio avversario e senza fare troppo i conti con la tattica. Oggi all’esame di Nole Djokovic il francese aggiungerà a questa rinnovata fiducia la serenità di non aver nulla da dimostrare contro un giocatore che è in una condizione monstre da ormai un anno. Una vittoria oggi potrebbe voler dire anche che Tsonga ha voglia di tornare a quel best ranking che in pochi, all’inizio della scorsa stagione gli avremmo pronosticato.

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