Nadal e la familiarità con la sconfitta

Poteva finire diversamente la semifinale di Buenos Aires tra Rafa Nadal e Dominic Thiem ieri. Senza dubbio. Non lo dice soltanto il punteggio tiratissimo, non lo conferma il match-point avuto dal maiorchino nel decimo gioco. Era una possibilità reale, se non fosse che Nadal non è più il cyborg di una volta, il terminator che non ha, nel suo “soft-ware”, l’opzione della sconfitta. Se lo spagnolo ha una qualità (tra le tante), indico la capacità di uccidere il match, di tirare fuori il colpo migliore nella giornata peggiore, di concludere un percorso di fatica quando non tutto sta girando per il meglio o il tuo avversario sta giocando la partita della vita.

Quante volte Nadal ha sconfitto avversari che lo avevano portato ad un passo o due dalla sconfitta? Era proprio quella la sua qualità principale, anche senza dominare i match, ma andando a concludere i punti importanti, quelli che contano nell’economia della partita, che si fissano come chiodi nella mente dei suoi avversari, che quasi agevolavano, inconsciamente, il rientro dell’avversario indomabile.

E invece ieri, dopo il match-point mancato, Nadal si è spento. Letteralmente. Subendo un parziale di 10 (dieci) punti ad 1 (uno) dal 6-5 in suo favore fino al 6-1 per Thiem nel tiebreak decisivo. La lettura del solo punteggio potrebbe non essere abbastanza chiara. A confermare che lo spagnolo ha subito un contraccolpo mentale più che fisico il dato al servizio: ha servito nel tiebreak solo prime palle liftate ad una velocità di totale controllo, 155 km\h, 161 kh\h, 149 km\h. Un segnale evidente di timore, di scarsa fiducia, della volontà di cercare più la sicurezza di uno scambio da gestire piuttosto che il punto diretto nel momento della stretta finale.
Nadal

Nadal ha fatto i complimenti al suo avversario, per altro da questa tribuna indicato come un ottimo profilo con molto lavoro da fare, a cominciare dal guadagnare un metro negli scambi da fondo campo. Lo spagnolo ha anche affermato che è proprio la “consistencia” che gli è mancata ieri, ovvero la capacità di fare la cosa giusta al momento giusto. Ha indicato negli errori, specie di rovescio, il motivo principale della sconfitta, che lo allontana dalla centesima finale nel tour. Da qui abbiamo sostenuto la tesi della necessità di dare una svolta tecnica, anche solo per scuotersi mentalmente, rispetto a suo zio Toni Nadal, che ha indirettamente confermato questa idea affermando che “se non fossi stato suo zio mi avrebbe già licenziato”. Insomma, qualcosa di più di una semplice dichiarazione di routine alla stampa.

Thiem nel frattempo fa un altro passetto verso la top 10, un percorso ancora molto lungo, che però l’austriaco sta percorrendo con tenacia, giocando nei posti giusti come il veloce, ancora poco amato e adatto al suo gioco fatto di aperture ampie, di movimenti lavorati, ma che producono un tennis di straordinaria solidità con tutti i fondamentali. Nel frattempo, settimana prossima vedremo Nadal a Rio de Janeiro, con uno spirito che però è quel del giocatore che ha messo in conto la sconfitta, il confronto serrato con i suoi avversari, che purtroppo però sono quelli un po’ più lontani dai piani alti del ranking, come una volta.

Exit mobile version