Wada, Fancy Bears e Tennis

L’operazione del gruppo hackers Fancy Bears, russi, scatena la cosidetta tempesta in un bicchiere. Sul loro sito viene diramata una fitta lista di atleti, in particolare di nazioni occidentali e di diverse discipline sportive,  autorizzati dalla WADA, la famigerata agenzia per la lotta e il controllo delle attività dopanti, ad utilizzare farmaci vietati per ragioni terapeutiche.

Difficile non dare una lettura politica di questo gesto. Nazionale russa decimata? Nessun problema, adesso entriamo nel sancta santorum del doping mondiale, la WADA per l’appunto, e facciamo sapere al mondo chi si dopa. Insomma, questa la vulgata più probabile, con gli hackers russi disposti a mettere la loro abilità a beneficio di un revanscismo un tantinello provinciale. Così accade che, come gli atleti russi pescati a subire il doping di stato di mister “lettòne” Putin, anche gli hacker ottengono grosso modo un po’ di pubblicità e scatenato una tempesta in un bicchiere. Insomma, un classico caso di eterogenesi dei fini.

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La vicenda assume contorni meno provinciali (si può essere provinciali anche in una disputa internazionale, ebbene sì) se però, con una certa dose di malizia, si vuole considerare grave la presenza di Rafael Nadal nell’elenco degli atleti che in due occasioni, ovvero 2009 e 2012, periodo in cui le condizioni fisiche del campione spagnolo cominciavano a peggiorare rispetto agli splendori degli anni precedenti, avevano assunto sostanze illecite. Sia chiaro: esattamente come gli altri atleti presenti nella lista, Nadal era autorizzata ad assumere alcuni medicinali, nella fattispecie cortocoidi, per curare il problema al ginocchio. Va detto che per ottenere questo permesso è necessario sottoporsi ad un programma di controllo particolarmente restrittivo, nonché, ovviamente, soffrire di una patologia molto seria.

Viene però un dubbio: perché tenere nascosta la notizia? Certo, divulgare i dettagli medici non si deve, ma glissare e restare in silenzio non va bene, specie per un atleta come Nadal il cui nome è stato più volte accostato sinistramente (e senza alcuna prova) al doping, per giustificare le sue mirabolanti prestazioni fisiche. Oggi un’ombra, e solo quella, viene però gettata sulla moralità dell’atleta spagnolo, la cui salute, divenuta cagionevole, lo costringeva a prendere farmici vietati, tutto però a norma di legge.

Se l’obiettivo dei Fancy Bears era quello di dimostrare che il sistema anti-doping occidentale è una finzione, hanno fallito. Ma se volevano farci venire dei dubbi circa l’abilità comunicativa del CIO e della WADA, ci sono riusciti.

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