Aliona Bolsova, dall’addio al tennis all’amore per Cleopatra

In questa prima settimana di Roland Garros abbiamo avuto la possibilità di ammirare Aliona Bolsova Zadoinov, moldava di nascita ma spagnola a tutti gli effetti. Femminista e appassionata di storia, ecco la sua particolare storia.

Chiunque abbia avuto modo di vedere Aliona Bolsova in campo, si sarà subito accorto di trovarsi di fronte ad una giocatrice molto particolare, dalla personalità molto forte e contraddistinta da un look ben diverso da quasi tutte le sue colleghe. Capelli corti, braccia tatuate, un look volutamente diverso dalle altre: “Se ognuno indossa le stesse gonne, gli stessi vestiti o le stesse visiere diventa tutto noioso. Non ho alcun problema con le gonne o i vestiti ovviamente, è solo una questione di mostrare la propria personalità. Ammiro molto Bethanie Mattek-Sands, anche lei indossa gonne ma quando la vedi in campo riconosci subito che si tratta di lei. Per me è molto importante essere sempre me stessa e sento di essere la stessa persona sia in campo che fuori.”

Il suo percorso nel tennis ad alti livelli è iniziato da pochi mesi, ed è proprio negli slam che ha mostrato maggiormente il suo livello, mentre ha faticato ad ottenere grandi risultati negli ITF. Già nella scorsa edizione degli US Open raggiunse l’ultimo turno di qualificazioni, mentre agli Australian Open si è fermata al secondo turno del tabellone cadetto, sconfitta da Iga Swiatek. Il destino ha voluto che sia Bolsova che Swiatek, a Parigi, raggiungessero il quarto turno, e non si tratta di risultati arrivati per pura casualità ma frutti di un lavoro lungo anni.

Aliona Bolsova Zaidonov, figlia di genitori moldavi, è cresciuta in Catalogna e il suo rapporto con il tennis non è sempre stato dei migliori. A causa del padre, che la spagnola definisce come una persona “tossica” nella sua vita, Aliona non riusciva a vivere serenamente la sua vita da giovane atleta. Vadim Zadoinov, ex atleta olimpico nei 400m ostacoli, non ha mai garantito alla figlia la possibilità di giocare senza pressione, cosa che invece accade oggi grazie alla madre Olga e al compagno della madre.
Dopo essersi trasferita per un anno negli Stati Uniti a 14 anni, Bolsova è stata vicina ad abbandonare il tennis a 17 anni, arrivando al punto di odiarlo e di sentirsi completamente vuota su un campo da tennis: “Ero stanca, se avessi continuato a giocare un solo mese in più lo avrei abbandonato per sempre”.
L’alternativa al tennis sarebbe stato sicuramente il mondo della cultura e dell’istruzione, che ancora oggi non ha abbandonato. Dopo essersi diplomata, ha deciso di continuare a studiare grazie all’Università Telematica della Catalogna, dove studia Storia, Geografia e Arte (e ha anche un esame il giorno della finale del Roland Garros!): “Mi piace molto Cleopatra perché su di lei si è creata una storia incerta. È stata accusata di aver conquistato più uomini, ma era una donna molto intelligente, parlava dodici lingue e governava in un’epoca difficile come quella”.  

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La sua concezione di tennis è diversa da quella di molte altre giocatrici, che si isolano totalmente e vivono in maniera troppo rigida la competizione nel circuito: “Con poca gente posso parlare di altro oltre che di tennis. Da poco ho conosciuto Carla Suarez Navarro ed è una bravissima persona. È questo ciò a cui do valore, non mi piace la gente che punta solo alla fama. Io sono più “underground”, mi piace stare vivere nell’ombra e stare con la mia gente. Andare in giro per i tornei con il proprio manager e il proprio staff dietro non mi piace. Io preferisco stare con la mia famiglia e le mie allenatrici (tra cui Lourdes Dominguez Lino, ex giocatrice spagnola). A volte le persone perdono il contatto con la realtà, vengono in un posto così grande come al Roland Garros e si sentono super importanti quando in realtà non sono niente. Tu vali per la persona che sei, non per il ranking che hai. Mi piacerebbe che ci fosse più gente così, ma non c’è”.

Aliona Bolsova, nonostante la giovane età, mostra interesse per le problematiche sociali, soprattutto su una tematica che nell’ultimo periodo ha creato grandi discussioni tra tennis maschile e femminile. Per quanto riguarda la parità di diritti tra uomo e donna, la spagnola ha le idee chiarissime: “Viviamo da 2500 anni in un patriarcato, non abbiamo bisogno di altri 2500 anni per raggiungere la parità. Siamo nel ventunesimo secolo, possiamo farlo più velocemente. Con una buona educazione alla fine sarà normale e avremo gli stessi diritti degli uomini. È come se in una corsa di 400 metri noi donne partissimo dalla linea di partenza mentre gli uomini partissero dal punto d’arrivo”.

Il suo percorso fino agli ottavi di finale al Roland Garros è il suo primo grande risultato nel circuito, ma si tratta solamente dell’inizio. La soddisfazione è grandissima, soprattutto per aver maturato la convinzione di poter competere a questi livelli e di potersela giocare con delle top 100.

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