Diario degli Us Open: giorno 10

-Cade mestamente Roger Federer, favorito per la vittoria finale schiacciato dalle virulente accelerazioni di Del Potro.
La partita aveva un precedente, chiaro nella mente di tutti e ancor più in quella dei vassalli del Vate. Finale nel 2009, proprio in questo torneo, che vide l’argentino trionfare sfruttando un rarissimo esempio di masochismo svizzero.
L’Artur Ashe è una bolgia, che splendida atmosfera.
Il match inizia e, dopo pochi game, due fattori mi suggeriscono come, nella notte, gli Us Open saranno scossi da un risultato inaspettato. Roger si muove in ritardo e con la seconda palla fatica ad ingranare.
Il risultato del primo fatto è, per accorciare gli scambi, la costante ricerca della rete, spesso seguendo un servizio che nel caso, appunto, delle seconde, si trasforma in assist per i passanti dell’argentino.
Delpo ha ben chiaro in mente cosa fare per vincere la partita. Tira il dritto con disumana violenza, si sposta spesso per tentare l’inside out (lo schema, quando impatta il dritto dal lato sinistro del campo, è più o meno sempre lo stesso: due/tre incrociati e cambio lungolinea) e sceglie di diminuire drasticamente l’uso del back di rovescio preferendo un colpo in top che, pur non essendo particolarmente penetrante, non permette al Federer visto ieri di muovere il gioco.
Tantissimi errori dello svizzero. Il più clamoroso, sintesi perfetta della propria sfida, è quello commesso al volo sul 30-30 dell’ultimo game della partita, una volée di dritto sbagliata di metri. Non è il tabellone, dunque, ma Federer a privarci della tanto attesa sfida con Nadal, che a New York proprio non vuole avvenire.
Grande ritorno, comunque, dell’argentino, che mesi e mesi fa, in uno dei miei tanti momenti di taumaturgia, predissi protagonista all’Open degli Stati Uniti.

-Che Nadal signori. Roublev paga visibilmente l’inesperienza e l’emozione del giocare nell’impianto più imponente al mondo opposto all’idolo dell’infanzia, ma non è questo, però, il motivo per il quale, in un’ora e mezza, si conclude la pratica con un nettissimo 6-1 6-2 6-2 in favore dello spagnolo. Concentratissimo, potente e veloce. Conoscendo lo stile di gioco del russo, che al momento rimane troppo legato all’ideologia “dritto per dritto”, impatta la palla più vicino al campo, partendo dalla risposta, conferendo così ai suoi colpi, oltre alla solita rotazione, anche velocità in più incamerata durante lo scambio. Il dritto frulla alla perfezione, con il rovescio, soprattutto incrociato, sale sopra la palla con naturalezza inaudita. Per completare il tutto utilizza anche in maniera ottima il servizio, con il quale alterna la solita curva mancina da sinistra ad alcune prime potenti e ben piazzate.
Terza semifinale Slam dell’anno per lo spagnolo, che con la sconfitta di Federer si assicura, per altre settimane, la prima posizione mondiale. Se la vedrà con Del Potro, con il quale non vince da Indian Wells del 2013, nella finale che decretò il primo dei tantissimi successi che Nadal ottenne quell’anno.
Negli ultimi due match è stato un bel Nadal, il migliore dal Roland Garros.
La prossima sfida promette spettacolo.

-L’America festeggia un risultato storico. Nel torneo femminile tutte le quattro semifinaliste giocano sotto la bandiera dalle cinquanta stelle, come fu nel 1981 (in quel caso, però, tra di esse si presentò anche Martina Navratilova, che proprio nell’ottantuno ottenne la cittadinanza statunitense dopo sei anni dalla richiesta di asilo avvenuta nel 1975). Williams, Vandeweghe, Keys e Stephens. Quattro tenniste similmente create, tra le quali la Venere spicca come capostipite e la Stephens rappresenta quella dotata delle maggiori doti. Mi ha incuriosito l’intervista post partita fatta a Coco subito dopo la vittoria in due set su Karolina Pliskova. “So di poter vincere con tutte perchè possiedo tanti colpi con cui variare il gioco rispetto alle altre”. Boria totalmente inopportuna di una tennista/sergente che, tra le quattro, è senza dubbio la meno talentuosa.
Vuoi vedere che Venus, a 37 anni e 3 mesi, non si faccia un bel regalo?
Nel frattempo cade l’effimero regno della ceca e Garbine Muguruza diventa la nuova numero 1 del mondo.
La Spagna domina in entrambi i ranking.
Che nazione stupefacente.

Dal vostro instabile cronista è tutto.
A domani.

Exit mobile version