Gael Monfils, una vita da marziano

Nel 1999 Luciano Ligabue dedicò un brano alla figura del mediano, incarnazione dell'individuo poco omaggiato da madre natura, capace di sopperire alla mancanza di talento grazie al duro lavoro quotidiano. Scorrendo l'elenco di tutti i tennisti a cui questo pezzo potrebbe attagliarsi alla perfezione l'ultimo nome della lista non può che essere uno: Gael Monfils.

Nel 1999 Luciano Ligabue dedicò un brano alla figura del mediano, incarnazione dell’individuo poco omaggiato da madre natura, capace di sopperire alla mancanza di talento grazie al duro lavoro quotidiano. Scorrendo l’elenco di tutti i tennisti a cui questo pezzo potrebbe attagliarsi alla perfezione l’ultimo nome della lista non può che essere uno: Gael Monfils.

L’acrobatico transalpino rappresenta l’estremo opposto rispetto alla figura del serio e metodico stakanovista. Indolente, guascone, dissennato e terribilmente spettacolare: queste quattro delle infinite sfaccettature di Gael.

Da ieri il web è monopolizzato dal video della più recente “zingarata” del poliedrico francese. Nel corso del match di primo turno del torneo di Vienna Monfils, impegnato contro il brasiliano Bellucci, si è prodotto in un colpo ai limiti dell’eresia tennistica: il controsmash. Un azzardo la cui realizzazione necessita di sfrontatezza, reattività e visionarietà, virtù che di certo non fanno difetto al felino circense parigino.

Youtube gronda di contributi filmati in cui Gael si adopera nella più vasta gamma di acrobatiche bizzarie che la storia del tennis ricordi: spaccate da étoile della Scala, carpiati volanti degni dei più blasonati tuffatori, tweener contorsionistici da far impallidire persino Dustin Brown.

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Gael, nel corso dell’ultima decade, si è guadagnato gran parte della propria popolarità grazie a queste dimostrazioni di indomabile creatività, diventando uno dei tennisti più acclamati tra gli appassionati del gioco.

Un amore che inevitabilmente ha contribuito alla perpetuazione di queste giocolerie, alimentandone le velleità ludiche.

Giunto alla soglia dei fatidici 30 anni, però, giunge implacabile il momento di interrogarsi sulla carriera di Monfils. Tra prodezze, esercizi di stile e baloccamenti vari una domanda emerge prepotentemente tra le altre: Gael, ne è valsa davvero la pena?

Che Monfils sia uno dei giocatori più idolatrati del circuito è indubbio, ma il parigino si è guadagnato il ruolo di icona tennistica, paradossalmente, sacrificando quella che sarebbe potuta essere una carriera da indiscusso campione.

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Gael dispone di una capacità di tocco con pochi eguali, grazie alla quale è in grado di addomesticare a proprio piacimento la bizzosa sfera gialla. Il francese può contare su un servizio perforante e al tempo stesso gravido di varianti, su un rovescio poderoso con cui può manovrare lo scambio alternando accelerazioni a delicatezze, anche nei pressi della rete. Un catalogo di qualità tecniche da papabile vincitore di Slam, corroborato da un atletismo formidabile.

Il francese, però, ha sempre anteposto la sterile ricerca del facile apprezzamento alla cura del proprio abnorme potenziale, sottoponendo le proprie articolazioni ad indicibili sofferenze, per il semplice gusto di accontentare il palato degli estimatori, sempre più desiderosi di assistere a uno dei suoi leggendari svolazzi.

Una partita più di ogni altra ha sancito la definitiva conversione di Gael, proiettandolo dalla sfera tennistica a quella macchiettistica.

Terzo turno di Wimbledon, Monfils affronta l’amico Gilles Simon, in un match che avrebbe portato il vincitore ad affrontare un Berdych in pessime condizioni negli ottavi di finale. Un’occasione di platino insomma, meritevole di un serio approccio alla partita. L’incorreggibile Gael, invece, principia la partita sfoderando la modalità teatrante: colpi improbabili, costanti ammiccamenti al pubblico, risate fragorose e altre amenità varie.

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Chi assiste all’incontro evince nettamente la superiorità di Monfils e le difficoltà di Simon, graziato a più riprese dall’evanescente Gael. Il match col passare dei minuti assume contorni grotteschi, con Monfils che cerca a più riprese di coinvolgere il rivale nella realizzazione di ulteriori sketch per allietare il pubblico, mentre Gillou cerca di non perdere la concentrazione, malcelando un’evidente insofferenza. Giunti al quinto set i due, causa oscurità, sono costretti a traslocare dal campo numero 1 al Centrale. Tutto d’un tratto Gael, reduce dalla netta conquista del quarto set, si ritrova catapultato in un impianto desertico, privo della claque cui aveva offerto puro intrattenimento per tutto il pomeriggio. Monfils passa repentinamente dallo stato euforico ad un incupimento da cantautore genovese. Il buon Gilles non deve far altro che incassare i copiosi gratuiti del sempre più svogliato Gael, aggiudicandosi il parziale decisivo con il punteggio di 6-2.

Monfils quella partita la dominò per davvero, ma a sua volta si fece dominare dall’urgenza di guadagnare il centro della scena, trascurando i più elementari principi professionali. John Lennon disse che la vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti. Per Gael, invece, il tennis è quello sport che si disputa mentre sei impegnato a cazzeggiare.

 

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