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Gimme Five, Thiem!

Dominic Thiem non è un ragazzo vendicativo. Forse è solo uno che impara in fretta le lezioni, anche e soprattutto le più severe. Meno di tre settimane fa, in una fresca serata romana, l’austriaco fu strapazzato da Djokovic. Il serbo, con gli occhi della tigre come non aveva più avuto da secoli, gli lasciò un gioco. Non fosse che non ce n’era alcun motivo, era parsa quella quasi una questione personale. In realtà lo era solo per Nole, alla disperata ricerca di stimoli e conferme.

Il giorno prima Thiem aveva eliminato dal torneo Rafael Nadal, impresa che gli era già riuscita nel febbraio del 2016 a Buenos Aires, quando però il mancino di Manacor era convalescente e lontano parente del cannibale ch’è tornato ad essere in questa stagione. Insomma, un Thiem in fiducia preso a pallate anticipate da Djokovic era un Thiem rimandato almeno a settembre e subito sostituito nella graduatoria di chi dominerà il futuro dal tedesco Alexander Zverev, che a sua volta avrebbe annientato Djokovic in finale forse ben oltre lo score.

Invece, per niente turbato dalla lezione, Dominic era ripartito da quel 6-1, 6-0 senza appello per prepararsi al meglio al Roland Garros, torneo nel quale un anno fa raggiunse la semifinale a spese di tre spagnoli e, soprattutto, Zverev e Goffin. Ma era, quello, il Thiem stakanovista del 2016; il Thiem da 82 match e 27 tornei disputati. Un po’ come Davydenko ai tempi d’oro. Programmazione discutibile, forse, ma tanta polpa messa attorno a uno scheletro bisognoso di esperienza e confronti importanti.

Ora ci risiamo. Di nuovo semifinale, questa volta ottenuta prendendosi la rivincita sull’unico dei “Fab Five” (il quinto è Wawrinka, per chi non l’avesse capito) che ancora non era stato capace di battere. Stavolta Djokovic, nonostante Agassi e nonostante le iniezioni di fiducia, ha tenuto un set, il primo perso al tie-break; poi Dominic è salito in cattedra e ha chiuso 6-3, 6-0. Nole era il campione in carica. Thiem probabilmente un futuro campione dello slam rosso. Intanto, giunge alla supersfida di venerdì prossimo nelle stesse condizioni statistiche di Nadal, ovvero senza aver smarrito alcun set lungo il cammino.

Certo, un cammino fino ad oggi non particolarmente impervio ma diffidate sempre di chi vi racconta che là fuori, su un campo di tennis, ci siano cose facili. Non è così. Tomic, Bolelli (un ottimo Bolelli, per un set), Steve Johnson (che aveva battuto Coric), Zeballos e l’altalenante Djokovic possono rappresentare un buon tabellone (e forse lo sono) ma averli sconfitti tutti in tre set è un sintomo di fiducia che, contro il nove volte campione di questo torneo, potrebbe tornare utile.

Si tratterà di capire, contro Nadal, se Thiem sarà in grado di ripetere ciò che fece a Roma, ovvero anticipare e prendere il tempo allo spagnolo fin dai primi colpi e non aspettarlo per intavolare lugnhi e dispendiosi scambi. Sarà interessante anche verificare se al ragazzo di Wiener Neustadt verrà data l’opportunità di aggredire il match anziché attendere che sia il match ad inghiottirlo in una spirale negativa. Dall’alto della sua già grande maturità, Dominic è consapevole che non ritroverà lo stesso Rafa di Roma ma nel frattempo anche lui è ulteriormente cresciuto e non è azzardato ipotizzare che ci sarà spettacolo. “Vincere uno slam è davvero molto difficile. Ho appena battuto Djokovic e subito mi ritrovo Nadal, il più grande di tutti sulla terra. E se dovessi arrivare in finale ci sarebbe un altro top-player ad aspettarmi” ha dichiarato in conferenza stampa l’austriaco. Tutto vero, ma la cosa più importante è che anche gli altri, quelli che ha appena citato, sono preoccupati di affrontarlo e ne hanno giustificati motivi.

Peppe Nacca

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