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Il Dimitrov che verrà

Inutile girarci troppo attorno. Grigor Dimitrov è chiamato per il 2017 a far sapere al mondo (del tennis) quale sarà la sua collocazione nella storia di questo sport. Intanto capire se, e non è poco, nella storia ci resterà nella categoria di “miglior imitazione di Roger Federer”, una categoria alla quale il tennista bulgaro ha dichiaratamente dato la sua approvazione, proponendosi da tempo come “continuatore” della scuola del “maestro”. Non è, insomma, un mistero, che Grigor si rifaccia proprio a Federer dal punto di vista tecnico, in particolare per il dritto.  Ma volendo fare l’avvocato del diavolo, Dimitrov ha anche assunto i difetti (di gioventù) del re: un rovescio che non sempre costituiva una garanzia, specie sotto attacco, problemi di concentrazione. A questo, Grigor ha aggiunto difficoltà nella scelta dei coach e qualche trascorso sentimentale (leggi Maria Sharapova) che ha lasciato più di qualche strascico nella sua carriera.

Eh già, la carriera! Due anni fa, nel 2014, Dimitrov raggiungeva il suo best ranking, con ingresso piuttosto trionfale nella top 10 (#8). Poi un lungo rimbalzare indietro, fino al luglio di quest’anno, quando raggiunta la posizione 40, il bulgaro iniziava inesorabilmente ad invertire la tendenza, fino all’attuale posizione 18. Non è un mero ragionamento di numeri, ma una tendenza, evidente, che evidentemente coincisa con una concretezza tecnica finora non vista. Dimitrov si compiace meno della sua perfezione tecnica, sa fare con più continuità un passo nel campo, e sa verticalizzare meglio rispetto a quanto fatto vedere in questo 2016. Segno che di lavoro, lontano dai tornei, ne ha fatto. Certo, resta ogni tanto il gusto auto-indulgente per il colpo ad effetto, per la trovata tecnica che il pubblico ama e si aspetta da lui, ma che magari non gli consente di vincere le partite che deve vincere.

Ma i risultati di questa seconda parte di 2016 parlano abbastanza chiaro. La semifinale di Cincinnati, la finale a Pechino, qualche buon risultato negli ATP250 di fine stagione, alternati a sconfitte più inaspettate (contro Vasek Pospisil e Gilles Muller tra Shanghai e Basilea). Fino ad un paio di settimane fa, se avesse trovato la settimana giusta, poteva inserirsi nella lotta per conquistare le ATP Finals, magari con un altro risultatone a Parigi. Per quest’anno è andata. Ma nel 2017, questa continuità e soprattutto la rinnovata capacità di ripensarsi “in zona top 10”, dopo quell’ingresso così ricco di speranze, devo portare a risultati di ben altro tenore. Ed in particolare, con le incognite Nadal e Federer, inserirsi nel novero di quei giocatori che possono vincere uno Slam, l’unico risultato che darebbe a Dimitrov la sicurezza e la fiducia nei suoi mezzi che manca ad un campionario oltremodo completo (anzi, a guardarsi intorno, il più completo). C’è poi il fattore età, altra cartina di Tornasole del circuito: Grigor è un classe ’91. Vale a dire che proprio adesso inizia quella stagione che piano piano diventa fruttuosa, settimana dopo settimana, svanito l’effetto rookie nel circuito, trovate la prime conferme, patite le prime sofferenze, mangiato il pane duro della delusione, ora è decisamente pronto per far sapere al mondo ed ai libri di storia (sempre del tennis, ben inteso) che cosa vorrà essere.

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Alberto Maiale

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