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Karolina Pliskova, fredda damigella di Boemia

Tre “settimane da Dio” per Karolina Pliskova, ossuta rappresentante Ceca, (ri)salita alla ribalta dopo aver, grazie al cielo, impedito alla teutonica Kerber il raggiungimento della prima posizione mondiale, sbattendola a suon di violenti fondamentali da una parte all’altra del campo e conquistando il titolo a Cincinnati.

Nata e cresciuta a Louny, smunta cittadina con poco più di 18.000 abitanti, attanagliata da un costante grigiore che muta inconfutabilmente lo spirito dei suoi abitanti, si fa strada nel complicato mondo della WTA mostrando un tennis lineare (forse anche troppo), rude, ma efficace.
Chi guarda Karolina, possiamo dirlo con certezza e tranquillità, non lo fa certo per le emozioni che la fredda dama Ceca fa scaturire nell’animo degli appassionati.

Nonostante questo però, senza eccellere particolarmente in nessun campo, dall’alto del suo metro e ottantasei possiede una caratteristica solitamente inosservata, ma ugualmente importante. Una visione di gioco non indifferente.
Ventiquattro candeline spente, una sorella gemella (se possibile emotivamente ancora più opaca) con la quale, da anni, si cimenta in terribili sfide di doppio, conquistando però, di tanto in tanto, qualche titolo.
Ingresso in top ten già la scorsa stagione, con risultati mai eccellenti, ma costanti.

Unica, gigantesca, pecca della frizzante carriera della nostra damigella di Üstí nad Labem (simpatica regione nord occidentale, che vanta, tra le felici località d’interesse, un rilievo di origine vulcanica denominato RIP), la mancanza di un risultato importante negli Slam dove, inspiegabilmente, crolla sempre nei primissimi turni.  Ma la bella Karolina, a suon di amabili mazzate, vuole riscattare questo triste luogo comune e, per farlo, sceglie il palcoscenico con maggiore visibilità mediatica: Gli Us Open.

Dopo aver sconfitto, in ordine, Kenin, Gonzalez e Pavlyuchenkova, decide di fare il grande passo estromettendo, al tiebreak del terzo set, la padrona di casa più attempata, anziana sì (ovviamente per una tennista), ma sempre più recidiva, Venus Williams.
Un potente urlo libera le sedimentate insicurezze della fragile Pliskova, proiettandola, finalmente, nel mondo delle grandi.
A lei, ora, il difficile compito di non rientrare, senza poi uscirne mai, nella lunghissima lista delle meteore senza futuro, campionesse per qualche giorno tornate poi ad una straordinaria mediocrità.

A cura di “Tutto Tennis”

Redazione Tennis Circus

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