Mi sono sempre piaciute le stelle cadenti. Ecco perché oggi ho scelto di dedicare qualche riga a Tamira Paszek. I più giovani magari non la ricorderanno… Scherzo, Tamira ha 23 anni. E’ di primissimo pelo anche lei. Ma ha vissuto più vite dei gatti.
Nata in Austria, a 14 anni impegna in Fed Cup la numero 15 del mondo, Nathalie Dechy (perdendo 7-6 6-2), a 15 anni diventa la settima più giovane di sempre a vincere un titolo Wta (Portoroz), a 16 perde negli ottavi di Dubai contro Justine Henin dopo averle strappato un set, lascia due games alla Stosur in Fed Cup e a Birmingham strappa un set anche alla Sharapova. Non paga, raggiunge gli ottavi sia a Wimbledon che agli Us Open. A 17 anni batte la numero uno del mondo, Ana Ivanovic. Oggi consideriamo promesse le Muguruza per un quarto Slam (salvo poi uscire subito nello Slam successivo), ma la Paszek ha raggiunto quei risultati in tenerissima età. E non sono più gli anni Ottanta-Novanta. I tifosi austriaci sognavano l’ineffabile, ma nel 2014 la vediamo veleggiare tra Itf e costanti sconfitte al primo turno, come qui a Wimbledon. Lo stesso torneo che le ha regalato la gloria nel 2011 e nel 2012, in anni in cui stava cercando di riprendersi dopo il brutto infortunio del 2009 alla schiena (che l’aveva fatta precipitare sin quasi fuori dalle 200). Due lampi nel nulla, però, due cattedrali nel deserto. Seguite da acciacchi e delusioni, una dopo l’altra.
Adoro tantissimo la predestinata austriaca, mezza cilena e mezza tanzaniana. Adoro il suo fare guerriero e scanzonato di stare in campo. Mi ricorda un po’ la Halep. Che sta facendo ora quello che Tamira, però, non ha fatto mai. Arrivare in alto. Con una riduzione al seno che alla prosperosa Tamirina garantirebbe una migliore mobilità. Sono scelte.
Non resta più nulla del sogno Paszek, per me che adoro tantissimo la precocità (e che non mi capacito delle stringenti limitazioni odierne della Wta). Ma, a 23 anni e con tante vite alle spalle, si è ancora giovanissimi.