Laslo Djere e la consacrazione tra i grandi

Laslo Djere

Dopo la vittoria dell’Orange Bowl – correva l’anno 2012 – per Laslo Djere si spalancò non una porta, ma un portone, poichè riuscì in un’impresa che nessun tennista serbo, nemmeno Djokovic, aveva portato a termine fino a quel momento, ovvero vincere il prestigioso torneo internazionale che si disputa negli Stati Uniti. Per tanti un ragazzo con i numeri per sfondare nel circuito dopo la vittoria di quel titolo, che invece ha faticato non poco prima di arrivare nel tennis che conta, anche per via della sfortuna che ha giocato un ruolo importante su di lui: nel 2014, infatti, ha subito uno strappo del muscolo romboide e in seguito diversi problemi agli addominali, che lo hanno inevitabilmente frenato nella sua prima stagione da professionista. Tuttavia in questa stagione, ha cercato di fare il possibile per “rimanere a galla”, riuscendo così a vincere ben quattro titoli future ed a terminare l’anno tra i primi 350 del mondo.

Dopo tanta “gavetta” – se così vogliamo chiamarla – Laslo conquista la prima finale Challenger nel 2015, in Repubblica Ceca, facendosi notare in positivo per le sue grandi potenzialità, battendo tra l’altro tre top 100 consecutivi. Poco più in là per il serbo arriva anche la prima qualificazione in un main draw ATP, ad Umago, e così anche un bel salto in classifica che lo porterà alla posizione 170 del ranking. Per Djere ci sono tutti i presupposti per iniziare il 2016 alla grande e continuare a migliorare ancora, ma ciò non avviene. Come riassumere la stagione? Bene nei Futures, male nei Challenger e addio Top 200 ancora una volta. Il serbo riesce comunque ad accedere al main draw di uno Slam, il Roland Garros, ma perde dall’australiano Thompson al primo turno. Laslo decide perciò che è tempo di modificare qualcosa ed inizia a lavorare insistentemente su sè stesso, sul suo tennis, cambiando anche coach, passando a Dejan Petrovic, ex coach di Nole e della Ivanovic. Insieme al suo nuovo allenatore i risultati arrivano subito, e la strategia di costruire il gioco su un ottimo dritto, migliorando negli spostamenti e migliorando l’intensità di gioco e il servizio un po’ carente per uno della sua altezza (188 cm ndr), porta i suoi frutti.

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Per Djere qualcosa scatta, a livello mentale, in un torneo Atp in Marocco, a Marrakech, quando centra il main draw ma perde al secondo turno contro Ramos-Vinolas, sfiorando persino la vittoria. Quelle ottime prestazioni lo portano alla consapevolezza di poter giocare tra i grandi, da grande. Dopo un paio di discreti risultati, ritorna intorno alla 170esima posizione del ranking, ma tutto intorno a lui gli faceva capire che fosse arrivato quel momento di fare il salto di qualità, di superare quel muro a cui aveva sempre messo sopra il piede destro senza mai portare avanti il sinistro. Ebbene inizia una striscia di ottime vittorie nei main draw contro giocatori meglio classificati di lui che gli valgono l’accesso alla Top 150, dove si issa alla posizione 135 del ranking. Inizia il 2018 bene, raggiungendo gli atti finali nei Challenger, mentre si arrende al gigante Karlovic agli Australian Open al secondo turno. Il 2018, nel complesso, si firma come un’ottima annata per lui in virtù dei tanti buoni risultati nei Challenger, ma non solo, che gli permettono di chiudere così in top 100. In questo inizio 2019, invece, saldo nei tornei 250 e 500, dimostra un buon tennis e l’exploit finalmente arriva, a Rio de Janeiro (ATP 500), dove si rende protagonista di una settimana fantastica, spingendosi fino in finale e riuscendo a trionfare sotto il cielo brasiliano. La vittoria nell’atto conclusivo del torneo sul giovane Auger-Aliassime è solo la ciliegina sulla torta di sette giorni perfetti che hanno visto Djere esprimere un tennis notevole, sin dal primo turno, quando ha battuto Dominic Thiem.

Foto: fotojump

Non si può certo dire, però, che la vita sia stata troppo benevola con il serbo, anzi durante la premiazione, ad un certo punto Djere ha messo da parte la gioia del momento ed ha lasciato spazio alla commozione e all’emozione. Laslo ha infatti voluto dedicare questa vittoria ai suoi genitori, nella speranza che lo guardino da lassù. Sua madre è infatti venuta a mancare sette anni fa, quando il serbo era a malapena maggiorenne; suo padre invece si è spento appena due mesi fa dopo aver lottato contro un brutto male. Un colpo non da poco per un ragazzo che ancora deve compiere 24 anni, ma che ha saputo reagire alle difficoltà della vita. Come da lui affermato nel discorso durante la premiazione, ci sono tante persone che lo sostengono, a partire da sua sorella in Serbia, la sua ragazza, il suo coach, ecc. Probabilmente, però, da oggi il serbo avrà molti più fans pronti a supportarlo – noi, in primis – perché è un ragazzo speciale e se lo merita davvero. In bocca al lupo per tutto Laslo!

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