L’elogio del coraggio: Alisa e Victoria

Nel 2010 il tennis russo assisteva alla consacrazione di una giovane giocatrice che, aggiudicandosi i tornei di Kuala Lumpur e Seoul, stava entrando con pieno merito nella ristretta cerchia delle “future promesse” sportive del suo paese. Stiamo parlando di Alisa Kleybanova, la ragazza nativa di Mosca che, poco più che ventenne, si sarebbe issata fino alla ventesima posizione mondiale, suo best ranking. Alisa sin da piccola aveva decisivo di fare del tennis la propria vita, pronta ad affrontare le sue battaglie sportive, come ogni agonista degna di questo nome.

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UN FULMINE A CIEL SERENO – Ecco che, nel secondo turno dell’edizione 2011 degli Internazionali BNL d’Italia, arriva la sconfitta per mano dell’israeliana Shahar Peer. Poteva starci, ma tutto sembrava essere così strano: percepiva uno strano malessere fisico, senza riuscire a darsene una spiegazione. La motivazione sarebbe stata svelata dopo pochi mesi: le era stato diagnosticato il linfoma di Hodgkin. Nemmeno il sorteggio più sfortunato del mondo avrebbe potuto affibbiarle un avversario peggiore di questo. Alisa non si perde d’animo e così decide di affrontare la più temuta delle battaglie, più agguerrita che mai e con il coltello fra i denti, le avrebbe rifilato un 6-0 6-0, senza alcun diritto di replica. Inizia così a curarsi prima a Roma e poi a Perugia, sottoponendosi a cure radioterapiche e chemioterapiche. La vincitrice è lei!

“Desideravo troppo ritornare a giocare. Da quando sono piccola sono stata abituata a lavorare sodo e con disciplina. Per tutta la vita mi hanno insegnato ad affrontare le cose da sola, perciò mi sono sempre fatta trovare pronta davanti ai grandi problemi, anche se questo era totalmente diverso da qualsiasi altra cosa mi fosse mai successa. Ho una grande motivazione: vivere al 100 per cento ogni giorno della mia vita”.

UN DESTINO CONDIVISO – Vicende di questo tipo non dovrebbero mai presentarsi. Quando si manifestano nuovamente, il mondo sembra crollarti addosso. Nel 2014 la giovanissima Victoria Duval, avrebbe vissuto lo stesso calvario, con un’accentuazione ancor più negativa. Di li’ a poco avrebbe disputato le qualificazioni del suo primo torneo dello
Slam a Wimbledon. Le difficoltà erano le stesse: stanchezza fisica e malessere, che in questo caso si traducevano in una protuberanza avvertita all’altezza del collo.

“Alla vigilia del primo match di qualificazione, mi dicevano che i risultati stavano per arrivare. Ricordo che è stato uno dei momenti più stressanti di tutta la mia vita, entrando nello studio della dottoressa mi tremavano le gambe. Non sapevo davvero cosa aspettarmi, niente mi avrebbe potuto preparare alla notizia che stavo per ricevere. Mi disse che avevo il cancro, il linfoma di Hodgkin”.

UNA MONTAGNA DA SCALARE –  Questa giovane ragazza dalle grandi ambizioni, si trovava ad affrontare un qualcosa più grande di lei, per la seconda volta. Ad Haiti infatti, sua terra di origine, la sfortunata Victoria aveva subito l’attacco da parte di un gruppo di banditi, che avevano tenuto in ostaggio lei, sua madre e alcuni dei suoi cugini. Tempo dopo suo padre sarebbe sopravvissuto per miracolo al terribile terremoto che avrebbe colpito la sua terra. Il terrore ed il senso di vuoto manifestatisi in quelle circostanze avverse, sembravano riprendere di nuovo corpo. L’incubo che aveva vissuto nel momento della diagnosi sembrava uno di quelli che non avrebbero mai avuto fine: “Sono scoppiata immediatamente in un pianto isterico, non sapevo molto del cancro e la mia mente lo associava alla morte. Ho addirittura cominciato a pensare a come avrei voluto spendere i miei ultimi momenti sulla Terra”.

LA FORZA DI NON ARRENDERSI MAI – Ma la vita è un bene prezioso e merita di essere vissuta, a prescindere da tutto e tutti. La coraggiosa ragazza americana aveva dalla sua la passione di tutte, che l’avrebbe aiutata a superare ogni ostacolo, accompagnandola anche in quella che sembrava essere la scalata della montagna più alta del mondo.

“Decisi che la malattia non mi avrebbe fermata. Quando me ne hanno parlato, in me è nato il desiderio di rivalsa, ero conscia del fatto che avrei avuto grandissime possibilità di farcela”.

LA LUCE ALLA FINE DEL TUNNEL – Ma tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo il
mare e Victoria questo lo ha sperimentato sulla propria pelle:

“Dopo aver concluso il primo ciclo di chemio, stavo perdendo la speranza. Non riuscivo ad immaginare come sarei riuscita a sopportare tre mesi così, stavo malissimo. Ma in qualche modo ho trovato la forza per andare avanti. Ogni due settimane i miei genitori mi accompagnavano a Jacksonville per il trattamento. Le parole non riescono a esprimere cosa vuol dire fare la chemio: lo stimolo costante a vomitare, i mal di testa, i dolori allo stomaco, la stanchezza, la perdita di appetito, il sapore di metallo in bocca. Ma io ho saputo lottare, ed ho vinto la guerra. Dopo l’ultimo ciclo di terapia, ho pianto come non mai. Ma stavolta erano lacrime di gioia, naturalmente. Tre mesi possono sembrare un’eternità, ma ce l’avevo fatta!.Ho vinto la mia battaglia contro il cancro!”.

Alisa e Victoria ci hanno dato una grande lezione di vita. Attraverso le loro storie strazianti e commoventi, ci hanno insegnato che nulla è impossibile e che ogni traguardo può essere raggiunto. Oggi, nel 2017, queste due guerriere si trovano a disputare insieme il doppio di un torneo del circuito ITF negli Stati Uniti.

Il destino, che le ha portate a condividere in passato un fardello così grande, oggi le vede lottare insieme, ma su un campo da tennis questa volta. Auguriamo a loro tutto il bene di questo mondo.

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