L’incognita Garbiñe Muguruza

A pochi giorni dalle Finals di Singapore Garbiñe Muguruza è additata come una delle maggiori candidate alla vittoria, anche se negli ultimi mesi alcuni infortuni e cali di forma hanno limitato il suo rendimento

A furor di popolo indicata come la futura regina dell’era post Serena Williams, allo stesso tempo Garbiñe Muguruza è da sempre al centro di una serie di dubbi amletici, conseguenza del suo andamento altalenante, di un fisico minato da svariati acciacchi, di una personalità che in diverse circostanze non si è dimostrata sufficientemente determinante. Incapace forse di gestire le pressioni, ma ancor più probabilmente frenata da una serie di incertezze caratteriali che contrastano con le ambizioni che inevitabilmente le offrono la prospettiva di un futuro quanto mai roseo, Garbiñe non è ancora riuscita a svincolarsi dallo status di incognita.

Dati alla mano, la ventiquattrenne nativa di Guatire, Venezuela, seppure la bandierina stampata accanto al nome è quella della Spagna, ha finora disputato 8 finali, tra cui saltano all’occhio tre prove del Slam, tutte contese con una delle sorelle Williams. Le vittorie assolute di Garbiñe sono finora cinque: spiccano il Roland Garros 2016 ai danni di Serena e Wimbledon 2017 dove a dover chinare il capo è stata Venus. Arricchiscono inoltre la bacheca il Premier 5 di Cincinnati (2017), il Premier Mandatory di Pechino (2015) e l’International di Hobart (2014). Curiosamente, due mesi dopo aver impresso il suo primo sigillo in Nuova Zelanda, Garbine avrebbe visto sfumare sempre contro la ceca Klara Zakopalova la finale di Florianopolis. A negarle il sorriso nella prima finale Slam, a Wimbledon 2014, è stata quindi Serena, mentre Venus ha beneficiato del suo ritiro all’ultimo atto di Wuhan 2015.

Di indubbio valore è l’essere riuscita ad issarsi sul primo gradino del ranking WTA, seppure per solo quattro settimane. Ripercorrendo la stagione di Garbiñe Muguruza ci si imbatte in una campagna australiana tutt’altro che disprezzabile eppure allo stesso tempo insoddisfacente in quanto è passata dalla semifinale faticosamente raggiunta a Brisbane, dove dopo due successi tiratissimi su Stosur, Kasatkina e Kuznesova si è ritirata contro Alize Cornet, al quarto di finale all’Australian Open, piombatavi senza mai perdere un set per lì racimolare appena quattro games contro Coco Vandeweghe, 4-6 0-6 lo score. Un mese orribile si è quindi dimostrato febbraio. Se in occasione della sfida di Fed Cup contro la Repubblica Ceca, l’iberica ha regolato Barbora Strykova in tre set per poi incassare una pesantissima sconfitta per mano di Karolina Pliskova; tra Doha e Dubai gli esiti espongono una battuta d’arresto al secondo turno contro Shuai Zhang e un ritiro all’esordio contro Kateryna Bondarenko per un’ infiammazione al tendine d’achille sinistro. Garbiñe ha alzato bandiera bianca pure al Premier di Miami, questa volta agli ottavi opposta a Caroline Wozniacki a causa di un colpo di calore dovuto dal clima torrido, mentre nel precedente Indian Wells si era spinta un passettino più avanti, ai quarti di finale, fermata dalla solita Pliskova.

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Non all’altezza delle aspettative i risultati conseguiti sul rosso. Lo stop al secondo turno di Stoccarda dove è crollata alla distanza contro la qualificata Anett Kontaveit, il disco rosso al primo giro di Madrid senza mai entrare in partita con Timea Bacsinszky, così come nemmeno la semifinale afferrata a Roma, dove dopo 22 minuti ha stretto la mano a Elina Svitolina perché menomata dal torcicollo, o gli ottavi del Roland Garros – ultimo step al termine di un drammatico duello perso contro la beniamina di casa Kiki Mladenovic – possono compensare le attese dell’allora campionessa incarica dello slam parigino. In linea con la sua natura mutabile si sono invece dispiegati i tornei su erba iniziata con l’ambigua semifinale di Birmingham, dove ha ceduto alla specialista aussie Ashleigh Barty, proseguita con la batosta inflittale da Barbora Strykova a Eastbourne , ma culminata con al trionfo a Wimbledon; con un solo set sfuggito lungo al cammino quando dall’altra parte della rete c’era Angelique Kerber. Il ciclo di tornei yankee su cemento ha visto la luce con una semifinale persa a Standord contro la futura vincitrice Madison Keys e un quarto alla Rogers Cup, superata da Elina Svitolina.

Di tutt’altro spessore il torneo azzannato a Cincinnati dove, dopo aver rischiato non poco contro Keys e Kuznetsova, ha letteralmente schiacciato prima la n.1 del ranking Karolina Pliskova per 6-3 6-2, poi la pretendente alla prima poltrona Simona Halep per 6-1 6-0. Un trono su cui la spagnola si accomoderà la settimana dopo l’US Open, nonostante la sconfitta agli ottavi contro Petra Kvitova. Il vento dell’oriente ha infine offerto una Muguruza sottotono. La semifinale di Tokyo si è conclusa con soli due games strappati a Caroline Wozniacki, i quarti di Wuhan sono l’espressione di un crollo al terzo set contro Jelena Ostapenko, mentre l’ennesimo ritiro a Pechino, al primo round contro Strykova per un malessere dovuto da un virus, ha di fatto abbassato la saracinesca sull’annata in attesa del Master.

Entrando nel dettaglio si può quindi desumere che il 2017 sia fino a questo momento la miglior stagione di Garbiñe, eccellente non solo nel conquistare il secondo slam in carriera e far proprio Cincinnati, quanto nel districarsi tra le pieghe di match faticosissimi; basti pensare che è stata costretta a 22 terzi set per vincerne 13. Hanno un peso pure consistente i cinque ritiri a fronte di cui ha dovuto pagare il conto, così come non deve essere dimenticato che le sole giocatrici over 35 in fatto di ranking contro cui ha subito sconfitte, ossia Kontaveit e Barty, figurano attualmente tra le prime 35 del mondo. L’incognita Muguruza si è arricchita di una serie di dettagli interessanti, persino ammirevoli, ma soprattutto da non sottovalutare laddove si presenti in condizioni psico-fisiche che sente essere a lei favorevoli e possa far leva sulla consapevolezza di essere la giocatrice più centrata e predisposta a fare le cose giuste. Il Master, a cui partecipa per il terzo anno consecutivopotrebbe essere la chiave di volta per Garbiñe: se la formula della manifestazione potrebbe compensare alcune giornate traballanti, la superficie indoor si sposa con le sue caratteristiche tecniche. Un eventuale trionfo potrebbe contribuire a sciogliere qualche nodo, così come un possibile flop altro non farebbe che autorizzare l’insorgere dell’ennesimo punto interrogativo.

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