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I tre anni di Novak e Boris

Dopo quel pazzesco 2013 terminato con la vittoria alle ATP Finals, Novak Djokovic era pronto a diventare invincibile. Come farlo? Instaurare un bel rapporto lavorativo con un ex fenomeno del tennis come Boris Becker, senza abbandonare il lavoro tattico svolto dal suo storico coach Marjan Vajda. Vita, morte e miracoli del duo più vincente degli ultimi anni.

LA STRADA VERSO L’INVINCIBILITA’ – Novak incomincia il 2014 cercando di ostacolare Roger Federer, suo acerrimo rivale di quell’anno, che arrivava da una stagione fallimentare. Ci riesce, quasi sempre, suscitando un’antipatia mai del tutto svelata nei suoi confronti da parte della famiglia dello svizzero: per lui doppietta Indian Wells-Miami dopo aver malamente perso in semifinale agli Australian Open contro Stan Wawrinka, futuro vincitore. Djokovic rende la sua resistenza il suo punto di forza: la sua elasticità lo rende praticamente impenetrabile in difesa e Becker, dopo aver migliorato quest’aspetto, cura anche la sua velocità di mano e di esecuzione, in modo da farlo diventare un giocatore di primissimo livello anche sui campi veloci. Nole conquista Roma prima del grande trionfo a Wimbledon, ovviamente contro Federer: Roger si batte e lo porta al quinto set, ma Djokovic ha una psiche d’acciaio e si porta a casa il suo secondo titolo a Londra.

QUEL 2015 PERFETTO – Il 2015 è l’anno in cui, invece, si notano appieno i cambiamenti apportati da Boris Becker al suo allievo: sforzo mentale massimo, pensiero concentrato non tanto sul giocare bene ma sullo sbagliare poco e il gioco è fatto: le sconfitte di Novak in quella stagione si contano sulla dita della mano e il serbo diventa una macchina invincibile. Tre Slam su quattro vinti (al Roland Garros una fiammata di Stan Wawrinka lo allontana dal completare il Grande Slam), sei Masters 1000 (Indian Wells, Miami, Monte Carlo, Roma, Shanghai e Parigi-Bercy), l’ATP 500 di Pechino e la grande chiusura alle Finals di Londra. In quasi tutte queste finali, Djokovic ha sconfitto Federer, impedendogli di assumere in due degli ultimi anni della sua carriera la conformazione del semi-dio.

BORIS, GRAZIE DI TUTTO MA… – Sembra tutto rimasto come prima nel 2016, terzo anno di collaborazione fra Djokovic e Becker: Nole vince gli Australian Open, Indian Wells e Miami e finalmente al Roland Garros per la prima volta in carriera, ma poi inizia la discesa verso il buio. I presunti problemi familiari, gli acciacchi fisici, gli allenamenti non più intensi come nei due anni precedenti, le difficoltà. Già, le difficoltà. Una parola che affiancata al nome di Djokovic sembrerebbe una follia. A detta di Boris Becker, in questi ultimi mesi Novak aveva perso un po’ di motivazione, nata dalla voglia di cambiamento a livello di staff tecnico e si era allenato meno. Siamo certi che il rapporto fra i due sia ottimo, uno dei migliori nel circuito, ma ultimamente qualcosa era andato storto. E così, in settimana Novak Djokovic ha deciso di interrompere la collaborazione con l’ex campione di Wimbledon, per provare, cambiando, a risalire l’enorme grattacielo costruito quest’anno da Andy Murray.

Filippo Gallino

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