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Un altro saluto militare di Mikhail Youzhny

IL SALUTO RIMANDATO – Tredici mesi fa Mikhail Youzhny perdeva, per la tredicesima volta in stagione, una partita al primo turno: sulla terra rapida di Kitzbuhel il serbo Dusan Lajovic gli concedeva appena sette game (nemmeno la sconfitta più umiliante del periodo, considerando altresì l’uscita di scena ad Umag contro il numero 417 delle classifiche, tale Bastian Trinker). Tennista “all around” dotato di uno dei più belli ed efficaci rovesci del circuito (giocato rigorosamente ad una mano, che sia un affilato slice o una maestosa accelerazione lungolinea) e capace di adattarsi a tutte le superfici, nell’arco della carriera Youzhny ha raggiunto i quarti di finale in tutti gli Slam (con gli acuti delle semi a Flushing Meadows nel 2006 e nel 2010) e vinto dieci titoli ATP. A tredici anni di distanza dall’impresa di Bercy – quando il ventenne Mikhail, dovendo sostituire un malconcio Kafelnikov, rimontò due set di svantaggio a “Paulo” Mathieu e regalò alla Russia la prima Coppa Davis della sua storia – circolavano voci circa un imminente ritiro del “Colonnello” moscovita, il cui fisico da impiegato statale non era più capace di reggere i ritmi imposti da avversari più giovani e prestanti. Il brillante cammino in quel di Montreal, superando le qualificazioni e dipingendo tennis (come, ahilui, non succedeva da troppi mesi) per piegare le resistenze di due ottimi ribattitori come Viktor Troicki e Gilles Simon, appariva come il più classico canto del cigno, l’ultima gloriosa performance di un artista in declino. L’affermazione nel challenger di Eckental contro avversari di piccolo cabotaggio (tutti fuori dai primi 100) poteva essere il malinconico saluto di un tennista che solo a tratti ha saputo sfruttare il proprio smisurato talento. Chiuso l’anno con un ritiro dopo sei game contro Andrea Arnaboldi e scivolato alla centoventisettesima posizione nel ranking, “Misha” non si arrende e inaugura il 2016 vincendo tre challenger di fila (perdendo appena due set in quindici partite): il Colonnello è tornato, seppur solo nei tornei di minor prestigio.

UN EROE DEL NOSTRO TEMPO – La stagione prosegue – nei tornei ATP che torna a frequentare dopo la parentesi dei challenger – fra alti e bassi, qualche sconfitta di troppo sulla terra e qualche lucente prestazione sull’erba dove si avvicina all’impresa contro gli astri nascenti Dominic Thiem e Alexander Zverev. Dopo la trasferta nordamericana in cui perde solo contro i migliori (Wawrinka, Nishikori (a cui, tre anni fa, aveva impartito una lezione di tennis sui prati di Halle) e Djokovic), il Colonnello torna nella sua Russia per l’ATP di San Pietroburgo. Sul cemento indoor del Petersburg Sports and Concert Complex (dove si era imposto nel 2004) avviene il miracolo: la fenice risorge dalle proprie ceneri e, dopo quasi tre anni, batte un top10; la vittima sacrificale è il lungagnone Milos Raonic, una macchina da ace capace di raggiungere la finale di Wimbledon. Raonic archivia rapidamente il primo set e sembra non soffrire le variazioni del trentaquattrenne moscovita che regala al pubblico alcune magie, come una palla corta vincente giocata due metri dietro la linea di fondo. Il secondo set è più equilibrato ma l’epilogo appare scontato quando Raonic, nel nono game, ottiene il break e si appresta a servire per il match; Misha invece riesce a a strappare il servizio all’avversario prima di, nel game successivo, subire un altro break. Raonic serve di nuovo per chiudere il match, ma nel primo punto del game Youzhny estrae il coniglio dal cilindro: Raonic si apre il campo con il servizio esterno e segue a rete un robusto dritto lungolinea, il russo risponde con un passante in back e, dopo un’ottima volée di Raonic che lo coglie in contropiede, riesce col solo polso ad appoggiare uno splendido rovescio vincente incrociato. Youzhny si assicura il game in risposta ma al tie break si trova ancora sotto un macigno, indietro 5-0 riesce a portarsi sul 5-5 con una superba risposta vincente di dritto; spingendo sul rovescio di Raonic procura l’errore del canadese e trascina la partita al terzo set. Rinvigorito dalla clamorosa rimonta e spinto dai suoi connazionali, Misha sale in cattedra: ha l’opportunità di chiudere la partite col proprio servizio e il braccio non trema nemmeno quando deve annullare cinque palle break, anzi Youzhny mette ancora in mostra il suo colpo migliore: porta a spasso Raonic con lo slice prima di tramortirlo col magnifico rovescio lungolinea, un capolavoro di tecnica (la chiusura ampia, dall’alto, regale) e timing.

SUONALA ANCORA, MISHA – La partita termina con due accelerazioni vincenti di dritto e le telecamere inquadrano un raggiante Boris Sobkin, il professore di matematica che circa vent’anni fa lasciò l’università per assistere il talentuoso ragazzino che allo Spartak Club troppo spesso piangeva e rompeva le racchette (a tal proposito è impossibile non menzionare l’episodio più grottesco della sua carriera quando, in un match poi vinto contro Almagro, Youzhny colpì ripetutamente la propria testa con la racchetta procurandosi una vistosa fuoriuscita di sangue). Dopo la stretta di mano all’avversario, il moscovita si esibisce nel consueto saluto militare al pubblico: la mano sinistra stringe la racchetta sopra la testa (a mo’ di cappello) e la destra si avvicina e si allontana dalla fronte per salutare; è la dedica al padre Mikhail senior, l’ex colonnello dell’esercito sovietico (scomparso pochi mesi prima della vittoria in Davis) che ha fatto scoprire il tennis ai figli. Youzhny ha risposto sul campo a chi, un anno fa, era pronto a cantare per lui una messa da requiem, vibrando vincenti di rovescio in tutte le salse e da qualsiasi zona del campo, trovando angoli impensabili col dritto e accarezzando dolcemente la pallina per le soluzioni di fino (sia le volée che le palle corte). Pazienza se il fisico non gli permette (e non gli permetterà) più un rapido recupero tra un match e l’altro (dopo il duro incontro con Raonic, svuotato nel fisico e nella mente, Misha si è arreso opponendo scarsa resistenza ad Alexander Zverev), il Colonnello è ancora vivo e lotta insieme a noi.

Davide Truglio

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