Venus Williams, l’emblema dell’humilitas

Venus Williams aveva solamente 18 anni quando disputò il suo primo quarto di finale in un torneo del Grande Slam, allo Us Open del 1997, raggiungendo a sorpresa la finale, sconfitta dall’allora numero uno del mondo Martina Hingis. Domani, a 34 anni, giocherà il suo 34esimo quarto di finale, contro la connazionale Madison Keys, che all’epoca aveva appena due anni. Uno scontro generazionale, tra una veterana del circuito ed una novellina, quanto mai agguerrita. Ad attenderla, in caso di vittoria, potrebbe esserci sua sorella Serena, impegnata in un match complicato contro Dominika Cibulkova, e con la quale non gioca in un torneo dello Slam dall’ormai lontano Wimbledon 2009. Le sfide in casa Williams sono sempre rimaste un enigma irrisolto. Nei periodi di auge, si pensava che fosse papà Richard a stabilire chi dovesse vincere e con quali modalità, ma adesso qualcosa potrebbe essere cambiato. La lontananza dal padre e l’idea di non avere ormai più grandi margini di vittoria davanti a loro, potrebbe indurle a non risparmiarsi in un’eventuale sfida, che, senza dubbio assumerebbe un pàthos differente. “Serena è un modello da seguire, è una leggenda. Mi ha sempre supportata ed io farò lo stesso con lei.”

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La Venere Nera, come era solito chiamarla Gianni Clerici, ha incarnato in questi ultimi anni di carriera l’emblema dell’umiltà. Una figura dimessa, sorridente, ma allo stesso tempo conscia dei mutamenti che il morbo di Sjogren aveva apportato al suo fisico, fragile e svuotato di ogni energia. La campionessa che per anni aveva dominato le scene, aggiudicandosi ben 5 edizioni di Wimbledon, sembrava un lontano ricordo agli occhi degli appassionati, malinconici ed afflitti nel vederla inerme e senza armi quando scendeva in campo e si vedeva surclassata da avversarie mediocri se rapportate al suo talento ed alla sua grandezza.

La nuova dieta, il nuovo regime alimentare, i ferrei allenamenti non producevano i frutti desiderati. “Continuerò a giocare finchè ne avrò voglia. Questa è una nuova sfida per me, e non intendo sottrarmici”, ammise nel 2012 ai microfoni della BBC, dopo la prematura eliminazione a Wimbledon per mano della Vesnina. Alla fine ha avuto ragione lei. Dopo un biennio di alti e bassi, è finalmente tornata ad alti livelli, ma, come per sua stessa ammissione, tutto potrebbe cambiare da un giorno all’altro. Insomma, vive il tennis alla giornata, senza prefiggersi grandi obiettivi, ma dando il meglio di sè. Ed è ciò che sta facendo ormai da qualche mese a questa parte, forse ufficialmente dopo la finale raggiunta a Montrèal, lo scorso agosto, quando venne sconfitta da Agnieszka Radwanska. E, se il destino è crudele, ma allo stesso tempo affascinante, come dicono, la vittoria di ieri sulla polacca, potrebbe essere, oltre che una semplice rivincita, una nuova consacrazione. Sotto le facce meravigliate del pubblico della Rod Laver Arena, Venus ha urlato a tutti di essere tornata la belva dolce e feroce che l’ha resa un’icona incontrastata di questo sport. E non ha intenzione di abdicare. “So che Madison ha iniziato a giocare dopo aver visto mia sorella Serena. E’ una grande giocatrice, ma soprattutto una grande ragazza. E’ bello vedere una giovane americana arrivare così in fondo. Le auguro il meglio… ma questa volta voglio vincere!”

Un segnale chiaro quello della maggiore delle Williams, sintomo di una ritrovata serenità e consapevolezza nei propri mezzi, purtroppo smarrite nella selva oscura della sua vita. Il tempo è maestro, trova sempre il finale migliore. Questa edizione degli Australian Open sembra un ritorno al passato. L’orologio si è fermato. Un ciclo di sofferenze e delusioni lascia spazio a gioie incolmabili. Mesdames et Messiuers, Venus Williams. 

Giorgio Lupi (Twitter: lupi_giorgio)

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