Aryna Sabalenka contro i coach dell’Est: “Meglio che smettano, non sanno allenare”

Aryna Sabalenka denuncia l'ambiente tossico degli allenatori dell'Est Europa: "Dovrebbero smettere, distruggono le giocatrici". Le parole della numero uno al mondo.
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Una stella del tennis mondiale che non dimentica le radici, né le ferite

Aryna Sabalenka continua a brillare al Roland Garros, ma tra un match e l’altro non perde occasione per fare luce su ciò che l’ha forgiata dentro e fuori dal campo. La numero uno del mondo ha conquistato l’accesso agli ottavi con una vittoria netta su Olga Danilovic (6-2, 6-3), ma nel post-partita l’attenzione si è spostata su un tema ben più personale: l’ambiente tossico che, da giovane, ha dovuto affrontare con alcuni allenatori dell’Europa orientale.

“Dovrebbero smettere di allenare”

Nella conferenza stampa successiva alla partita, Sabalenka non ha usato mezzi termini per descrivere le sue esperienze passate. “Credo che dovrebbero lasciare il loro lavoro. Onestamente, penso che non sappiano nulla, e sarebbe meglio se smettessero solo per salvare altre giocatrici”, ha dichiarato con forza. Un messaggio che non nasce da un impulso estemporaneo, ma che affonda le radici in anni di frustrazione e ostacoli psicologici.

Sabalenka ha raccontato che, fin da piccola, molti coach le avevano detto che non ce l’avrebbe fatta. “Mi dicevano che ero stupida, che non ero abbastanza intelligente per arrivare in alto”, ha confessato, ricordando come si limitasse a sorridere e rispondere: “Vedremo”. Oggi, forte di tre titoli Slam, milioni di dollari in premi e una posizione consolidata in vetta al ranking, la risposta l’ha data sul campo.

Mentalità dura, ma a che prezzo?

La tennista bielorussa ha posto l’accento sulla brutalità dell’approccio pedagogico tipico di certi ambienti sportivi dell’Est Europa. “Gli allenatori sono molto duri, piuttosto maleducati. Non c’è niente di carino nel modo in cui lavorano con le loro giocatrici”, ha spiegato. Se da una parte questo può aver contribuito a forgiare una mentalità forte, dall’altra ha distrutto tante carriere prima ancora di cominciare.

Queste dichiarazioni trovano eco nelle parole già pronunciate dopo la sconfitta in finale a Indian Wells contro Mirra Andreeva, dove Sabalenka aveva sottolineato quanto fosse fondamentale avere attorno le persone giuste – un privilegio che lei non ha sempre avuto.

Il presente: una squadra solida e consapevole

Oggi Sabalenka può contare su un team di professionisti che rappresentano l’opposto delle sue esperienze giovanili. Il coach Anton Dubrov, il preparatore atletico Jason Stacy e altri specialisti come Gavin MacMillan hanno costruito con lei non solo un piano tecnico vincente, ma anche un ambiente emotivamente sano e stabile. La connessione umana è diventata un pilastro del suo successo, visibile anche nei momenti leggeri condivisi durante i tornei.

Con una stagione impressionante alle spalle — già sei finali disputate e titoli a Brisbane, Miami e Madrid — Sabalenka ha vinto 32 delle sue ultime 37 partite in due set, dimostrando una continuità degna delle leggende del tennis. Da inizio 2023 è anche la giocatrice con il maggior numero di vittorie nei tornei Slam, superando Iga Swiatek.

La rivincita della resilienza

La forza di Aryna Sabalenka non si misura soltanto nei suoi colpi potenti o nei trofei conquistati, ma anche nella sua capacità di trasformare il dolore in determinazione. Le sue parole a Parigi non sono solo un atto d’accusa, ma anche un invito al cambiamento, affinché nessun’altra giovane atleta debba affrontare le stesse ombre. La numero uno del mondo ha alzato la voce non solo per sé, ma per tutte le giocatrici che ancora lottano in silenzio.

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