Djokovic a fior di pelle

Provando a giocare con le parole, mi è tornata in mente una canzone dei Marlene Kuntz. “A fior di pelle”, per l’appunto, parla di emozioni che si accavallano, non sempre positivamente.
E quindi potrebbe anche essere l’ideale colonna sonora per parlare di Novak Djokovic (ancora? dirà uno dei miei tre lettori) e del nervosismo mostrato quest’anno durante il Roland Garros.

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Per tutto il match contro Roberto Batista-Agut il n. 1 del mondo ha avuto un atteggiamento abbastanza insofferente: il primo set perso malamente, la lunghezza dei colpi che non era la solita, il servizio che andava a corrente alternata, le continue interruzioni per via della piogga e il campo pesante, che aiutava il giocatore spagnolo, il quale, infatti, nel quarto set aveva anche ripreso una certa verve. E poi il fattaccio della racchetta lanciata o sfuggita dalle mani di Nole contro Berdych, per il quale il serbo ha chiesto scusa, affermando di sentirsi conscio (fonte il sito tennis.com) di aver corso un rischio enorme quanto del tutto fuori luogo, alla luce dell’andamento della partita, meritandosi una multa di 4000 $ (la paghetta del figlioletto tra qualche anno).

 


E se domani (e sottolineo se, diceva una canzone famosa del repertorio italiano) domani le cose si mettessero male per il serbo? Se Murray opponesse quella resistenza e quella cocciutaggine che lo hanno tirato su diverse volte da buche profonde nelle quali si era impantanato durante il torneo? E se questo nervosismo latente fosse la sommatoria pericolosa del campo pesante, del clima freddo, delle interruzioni, e delle uscite dal campo unilaterali, con tanti cari saluti al regolamento alla “lei non sa chi sono io” (sempre nel match contro Berdych). E se, infine, il risultato di questa sommatoria fosse improvvisamente elevato a potenza dall’idea di stare per realizzare il Career Gran Slam e di mettersi in cammino più spedito verso il Grande Slam totale, con un Nadal fermo ai box per chissà quanto tempo, Wawrinka in cerca d’autore e Federer a litigare con la carta d’identità?

Quante domande e quante poche risposte certe. Una la darà il campo, il giudice vero. Se dovessi però scommettere sulle ragioni di questi nervi “a fior di pelle”, direi che Nole nostro sta riscoprendosi umano, e che questo Grande Slam gli si è manifestato davanti in tutta la sua luce per quello che è, l’appuntamento con la storia che un tennista sogna prima di spegnere la luce e addormentarsi, quando tutto è possibile.

 

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