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Nick Kyrgios: “Al confronto con Wimbledon, il Roland Garros è una m…”. Rusedski: “Ha bisogno di uno psicologo”

Non è un mistero che la terra battuta non sia di certo la superficie preferita di Nick Kyrgios. Il tennista di Canberra ha espresso spesso questa avversione, e forse non a caso in questi Internazionali BNL d’Italia ha fatto una delle scenate più significative della sua ancora breve ma strana carriera di personaggio e sportivo controverso, durante la partita contro il norvegese Casper Ruud (per il quale è stato sanzionato per un totale di circa 20mila euro per tre condotte antisportive in campo). A suo dire, l’australiano non ha particolari obiettivi sull’imminente Slam di Parigi, il Roland Garros. Kyrgios, vincitore lo scorso marzo dell’ATP 500 di Acapulco, ora è a Wimbledon, dove si sta allenando, principalmente con Jamie Delgado, attuale coach di Andy Murray.

Dr. Jekyll & Mr. Hyde: Nick Kyrgios e le sue pazzie

Durante una diretta Instagram a Londra, Kyrgios ha ripetuto più volte definendo in malo modo l’appuntamento parigino: “Tra un paio di giorni dovrò andare a Parigi. Il French Open è una merda paragonato a questo posto. Davvero schifo“.

Un comportamento, che insieme ad altre esternazioni non felici nei confronti di colleghi come Fernando Verdasco e Novak Djokovic, è stato criticato da altri tennisti ed ex giocatori. Secondo l’ex n. 4 del mondo canadese Greg Rusedski, Nick Kyrgios dovrebbe seguire l’esempio di Roger Federer, icona dal punto di vista sportivo e umano. Secondo Rusedski, Nick dovrebbe imparare a concentrarsi su pochi tornei, anche per placare la sua frustrazione sul rettangolo di gioco:

 “Kyrgios non ha un buon team di persone intorno a sé, ed è proprio lui a volerlo. Afferma di non essere facilmente “allenabile”, non vuole nemmeno stare nel circuito. Perché non fa come Federer, e gioca 10 o 12 eventi al massimo? Che si dimentichi le regole, in base alle quali sarebbe costretto a giocare almeno 18 tornei”. Giocare una settimana al mese, ecco cosa gli ci vuole. Ha talento da vendere. Voglio dire, non sarà mai un Rafa, un Roger, un Murray o un Djokovic. Non ha alcuna possibilità in questo  senso, ma deve trovare un programma che funzioni per lui. E poi ha bisogno di uno psicologo, o comunque di qualcuno che lo accompagni nei vari tornei”.

 

Redazione Tennis Circus

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