Perché secondo voi, nell’interminabile dibattito sul GOAT (Greatest Of All Time) del tennis, non viene mai inserito Novak Djokovic? Il discorso, da anni, è riservato a Roger Federer, Rafael Nadal, Pete Sampras e il capostipite dei numeri uno, Rod Laver. In questo discorso, Nole non è mai rientrato. Neppure quando, a cavallo del 2015 e il 2016, ha letteralmente dominato il circuito, come nessuno dei suoi predecessori aveva fatto finora.
I motivi di questa esclusione sono vari. Intanto c’è una questione di tifo. Eh sì, proprio di tifo. Non sarà sfuggito a nessuno che il supporto garantito a Rafa e, soprattutto, a Roger nei campi di tutto il mondo non è neppure paragonabile a quello di cui è beneficiario Novak. E’ una cosa di cui lui stesso ha sempre sofferto molto, anche se non lo ammetterà mai. D’altronde, piaccia o meno, la verità è che, tanto è simpatico fuori dal campo, quanto non scalda i cuori del pubblico quando è in campo.
Ma al di là delle questioni di empatia con i fan, c’è un tema anche tecnico. Il tennis giocato da Nole è letale, matematico, dà la sensazione di essere un qualcosa di creato in laboratorio. Federer e, sotto altri aspetti, anche Nadal hanno sempre trasmesso un’altra idea di tennis. Roger sinonimo di classe ed eleganza, Rafa di cuore e aggressività.
Se questo discorso è in parte corretto, però, non si può ignorare che Nole abbia probabilmente già ora la risposta migliore di tutti i tempi, un livello di maturità tattica inarrivabile e una fantastica completezza di repertorio. Come dice Bogdan Obradovic, “Djokovic è il numero uno perché il suo dritto e il suo rovescio sono allo stesso livello, un livello pazzesco”.
Gran parte di questo dibattito dipenderà da ciò che succederà nel 2019. Già a gennaio, agli Australian Open, il serbo parte nettamente favorito. E’ il torneo del Grande Slam in cui ha vinto di più (sei titoli in totale), Federer entra nell’anno dei 38, Nadal non ha mai brillato a Melbourne. Se dovesse vincere, arriverebbe a 15 Slam conquistati e un grandioso Golden Masters portato a casa (impresa non riuscita agli altri due “mostri”). Numeri pazzeschi e davanti a sé un anno per distruggere tutti i record.
Sembra incredibile ritrovarci qui oggi a fare questi discorsi. Ciò che è successo negli ultimi due anni aveva fatto pensare a tutti, troppo presto, alla fine dell’epopea di Djokovic. E invece Mister Fantastic è tornato e anche i suoi detrattori sono costretti ad ammettere che, forse, come lui nessuno mai.
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