Prima che Victoria Azarenka nel 2012 vincesse in Australia il suo primo titolo del Grande Slam in pochi conoscevano Sam Sumyk: i colleghi, gli addetti ai lavori, magari qualche grande appassionato di tennis femminile ma la maggioranza delle persone sapeva poco o nulla di questo bretone che negli ultimi cinque è diventato uno dei coach più apprezzati e ricercati della WTA.
“Non ho mai pensato di diventare un allenatore di tennis. In realtà, sarei voluto diventare un pilota di caccia. Sono stato classificato come un giocatore a livello di club in Francia. Nel frattempo, stavo aiutando il mio club, Tennis Club de Quiberon, come volontario, insegnando ragazzi e adulti perché poi il club non poteva permettersi di assumere un istruttore di tennis certificato. Invece di andare all’università, ho deciso di ottenere il diploma per diventare un istruttore di tennis certificato in Francia. Poi mi sono trasferito al Lorient Tennis Club, un rinomato club di tennis, per lavorare come allenatore. Così cominciava la mia carriera di coaching”.
La svolta per “Mastro Sam” avviene alla fine degli anni ’90 quando tenta la fortuna come allenatore negli Stati Uniti; la sua passione per il tennis lo porterà dall’altra parte dell’Atlantico da dove non ritornerà più. Si stabilisce a Tampa, in Florida, dove incontrerà e allenerà la tennista yankee, di chiare origine cinesi, Meilen Tu. Questo incontro non soltanto cambierà soltanto la sua vita professionale, ma anche quella privata visto che i due si sposeranno qualche anno dopo. La partnership tennistica fu molto positiva, perché l’atleta cino-americana, che aveva avuto una dirompente carriera come juniores (nel 1994 vince gli Us Open sconfiggendo una certa Martina Hingis 6-2 6-4) si toglie qualche soddisfazione anche nel circuito senior dopo aver avuto molte difficoltà nel passaggio di categoria. Con Sam la Meilen vince quattro titoli, raggiunge il terzo turno in tutti gli Slam, ottenendo 11 giugno del 2007 il suo best ranking, numero trentacinque della classifica mondiale. Una volta appesa la racchetta al chiodo, la tennista a stelle e strisce è diventata un’agente di successo, rappresentando molte importanti giocatrici fra cui Vika Azarenka.
Il bretone, intanto, diventa mentore di più giocatrici simultaneamente, allenando e dando consulenza a Gisela Dulko, Elena Likhovtseva, Anne Kremer. Dal 2008 prende sotto la sua ala protettiva Vera Znonareva dedicandosi completamente alla talentuosa giocatrice russa. Nei due anni di connubio professionale, Vera raggiunge il massimo del suo potenziale, tanto che qualche mese dopo la fine della loro collaborazione, sull’onda dei grandi miglioramenti fatti nella gestione Sumyk, la Zvonareva diventa numero due Wta. Insieme vincono diversi titoli, raggiungono la semifinale agli Australian Open, la medaglia di bronzo olimpica e la finale nel 2008 alle WTA Finals.
Nel 2010 il definitivo salto di qualità per “Mastro Sam” che diventa coach di Victoria Azarenka quando la bielorussa aveva vent’anni ed era numero sette nella graduatoria mondiale. La stessa tennista di Minsk dà gran parte del merito per aver migliorato il suo gioco e la sua mentalità in campo a Sam, che è riuscito a sviluppare il suo vasto potenziale e renderla una campionessa. “Quando ho iniziato a lavorare con Vika ho iniziato a concentrarmi sul suo tennis e analizzare come potrei costruire tutte le facce del suo gioco. Poi ho cominciato ad analizzare tutte le qualità che ha. Era già un’ottima giocatrice, che poteva rimanere stabilmente nella top dieci. Il mio lavoro era ed è quello di fare Vika una giocatrice completa. Mi è piaciuta la sua attitudine. Aveva forza di volontà, un desiderio ardente di imparare e lei era pronta a fare quello che serve per diventare la miglior tennista che poteva essere. Sapevo che poteva diventare un atleta molto migliore. Quindi abbiamo lavorato molto su questo.”
L’approccio di Sumyk è piuttosto semplice, punta parecchio sulla preparazione fisica con delle impegnative sessione di fitness e il suo obiettivo non è stravolgere il gioco di una sua allieva ma piuttosto completarlo. L’Azarenka aveva già degli ottimi colpi da rimbalzo (specialmente il rovescio) e una buona prima di servizio. Ha lavorato sugli spostamenti, sulla seconda (la bielorussa tendeva a fare un numero esagerato di doppi falli) e sul gioco al volo e sull’attitudine a verticalizzare, poiché Vika veniva a rete solo quando costretta e spesso faceva discreti pasticci. Un altro grande merito dell’allenatore francese è stato quello di aver plasmato profondamente anche la psiche della sua giocatrice trasformandola da tennista insicura, famosa per non saper chiudere le partite e per sapere trasformare i suoi match in veri e propri drammi umani, a vincente.
Molte vittorie che Vika ha ottenuto sotto la guida del francese non sono state ottenute solo col gioco ma anche con una grande forza mentale. La bella sovietica vince due volte gli Australia Open, arriva in finale agli Us Open nel 2012 e nel 2013 battuta sempre in volata da Serena Williams, anche a Wimbledon e Roland Garros arriva più volte fra le prime quattro. Il 30 gennaio 2012, diventa numero uno del mondo mantenendolo quasi ininterrottamente per cinquantacinque settimane (cede solo per un mese lo scettro a Serena Williams da giugno a luglio 2012). Tanti guai fisici bloccano la dirompente carriera della Azarenka che si infortuna al piede e ha vissuto un 2014 di crisi fisica e personale (con tanto di separazione con l’ex fidanzato Stefan Gordy, meglio noto come Redfoo). In questo periodo, Sam Sumyk è sempre rimasto al suo fianco. Era un punto di riferimento, quasi un padre tanto che il connubio fra i due sembrava inscindibile. Invece i due si separano a fine stagione con Sam che rimane disoccupato per pochissimo tempo visto che viene ingaggiato da un altro grande talento (almeno così sembrava) del circuito, l’avvenente canadese Eugénie Bouchard. Nessuno sa come sono andate veramente le cose: c’è chi dice che la Bouchard ha “flirtato” con il francese quando era ancora a fianco della Azarenka – un vero e proprio “furto” di coach, insomma. Altri invece pensano che le due cose siano indipendenti con Sumyk, che abbia abbandonato la sua ex pupilla perché l’ha trovata poco concentrata sul tennis e poi ha colto al volo l’occasione di allenare un’altra tennista che poteva diventare un crack.
La base di partenza era piuttosto simile: anche la tennista nord americana aveva poco più di vent’ anni ed era numero sette del mondo, ma le cose sono andate in modo completamente diverso. Il bretone ha cercato di attuare il suo solito sistema di lavoro cercando di limare i dettagli e completare le lacune tecniche della Bouchard. “Il lavoro di un allenatore è quello di sapersi adattare ai propri giocatori” Ma questa volta fallisce. Sopratutto dal punto di vista mentale non è riuscito ad avere lo stesso impatto che aveva avuto con Vika Azarenka. Eugenie dopo aver raggiunto la finale a Wimbledon nel 2014 è stata sopraffatta dalle aspettative e le luci dei riflettori mediatici la hanno accecata. E’ apparsa una giocatrice svuotata, a volte spaesata ed incapace a reagire alla prima difficoltà. Dopo la bruciante sconfitta con Shelby Rogers a Montréal, quando era una delle favorite visto che un intero paese tifava ed era ai piedi della sua beniamina, non si è mai più ripresa. Qualche lampo qua e là ma la caduta libera è stata quasi inarrestabile e nemmeno un tecnico bravo ed esperto come Sumyk ha saputo arginarla. Il loro rapporto, iniziato malissimo con una bruciante sconfitta ad Anversa per merito della Barthel termina velocemente dopo sei mesi di frustranti delusioni con un bilancio da Caporetto: quattro vittorie e tredici sconfitte.
L’occasione di pronto riscatto per il buon Sam, arriva subito con la spagnola Garbine Muguruza. Il loro sodalizio iniziato con un periodo di prova a settembre del 2015, sta tuttora continuando. Quello fra la spagnola nata a Caracas e il suo coach è un rapporto tutt’altro idilliaco, contrassegnato da pesanti alti e bassi. Garbine ha accettato la dura metodologia di lavoro di Sumyk, facendo violenza su se stessa per migliorare alcune fasi del suo gioco. La novità più grande portata dal nativo di Lorient è la progressiva ricerca della rete della Muguruza che quando era allenata da Alejo Mancisidor, si avventurava poche volte verso il net lasciando mal volentieri l’amata linea di fondo. Il bretone ha provato a trasformare la sua giocatrice da un’attaccante da fondo a una tennista a tutto campo. La manualità e il tocco di Garbine nei pressi della rete non sarà mai quello di Martina Navratilova, ma la verticalizzazione è una variante che è servita molto ad accorciare gli scambi e mettere ancora più pressione alla avversarie. Il duro lavoro ha portato i suoi frutti e i risultati sono arrivati, anzi il “risultato” per eccellenza che ogni tennista sogna, ossia la conquista di un torneo del Grande Slam. Il 4 Giugno 2016 l’iberica supera la strafavorita Serena Williams 7-5 6-4 e si regala il Roland Garros. Garbine diventa numero due del mondo e la prima posizione sembra solo una formalità, che prima o poi sarà sbrigata. Invece dopo il successo a Parigi è entrata in una crisi di risultati quasi preoccupante, tanto che il “Major” francese rappresenterà l’ultimo successo della tennista.
Nell’ultimo anno la Muguruza è apparsa confusa e smarrita, a volte sull’orlo di una vera e propria crisi di nervi. Assistendo ai coaching fra Sumyk e la sua assistita ci siamo trovati di fronte a svariati siparietti, spesso sfociati in battibecchi e scontri frontali. Nel Wta di Doha quando il coach francese fa notare alla sua pupilla che la sua avversaria Andrea Petkovic sta dando l’anima su ogni punto mentre lei no, la spagnola reagisce in malo modo dicendo che non intende morire per la palla. Ancora peggiore quello che accade a Miami: al termine del primo set giocato contro la McHale e perso 6-0, la spagnola ha inveito contro Sumyk. Una volta seduta, l’esperto coach ha bacchettato la giovane spagnola intimandole di: “Non dirmi più di chiudere la mia ca…. di bocca!”. Il tutto ripreso dalle telecamere. Muguruza si è scusata sembra poi essersi calmata e, anzi, la litigata sembra avuto un effetto benefico, visto che la spagnola ha finito per vincere quel match in rimonta. In questo momento la promettente tennista è numero quattordici del mondo, meno preoccupante della crisi di Bouchard, ma i campanelli d’allarme si sentono eccome. Ci vorrà tutta la bravura e l’esperienza di Sumyk per riportare la nativa di Caracas al livello che gli compete. Non sarà un’impresa facile, ma a questo coach bretone, schivo e burbero, dal tono di voce calmo e rassicurante e il cognome pieno di consonanti come un supereroe della Marvel, le sfide non hanno mai fatto paura.