Boris Becker si racconta, a trent’ anni dalla sua prima vittoria a Wimbledon

A 30 anni dalla prima vittoria di Wimbledon, Becker al quotidiano inglese “Daily Mail” parla di Murray, Djokovic, della fama e del viaggio nel negozio di parrucche. Prima di leggere quanto segue ecco qualche anticipazione: 

-Becker vinse Wimbledon a 17 anni, e ricevette immediatamente una fama mondiale

-Per il tedesco divenne un onere tremendo, che lo portò a vestire dei travestimenti per non essere riconosciuto

– Ora allena Novak Djokovic, e conferma:” lui e Roger non si stanno molto simpatici l’un l’altro”.

– Di Andy Murray dice:”è impressionante quanto parli a se stesso durante un match” 

Vincere Wimbledon a 17 anni avrebbe fatto distrarre molte persone, e di sicuro l’ha fatto con Boris Becker. In una notte la fama che gravava sul tedesco dal look facilmente distinguibile divenne un onere tremendo, la costante attenzione soffocante, e lo portarono a viaggiare sotto mentite spoglie. Trent’anni dopo la prima vittoria all’All England Club, Becker, seduto con un abito ingessato in un ufficio nel centro di Londra, sghignazza al ricordo dei suoi disperati tentativi di diventare anonimo nei mesi che seguirono la sua vittoria.

“Sono andato in questo negozio di parrucche a Monaco di Baviera, ne ho provata una e ho immaginato come sarebbe stato non essere più riconosciuto di nuovo” ha detto.
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Boris Becker si allunga per un rovescio nella famosa vittoria su Curren nel 1985
“Ho comprato una parrucca, questa cosa con i capelli lunghi, neri e riccioli. L’avrei messa a Monaco di Baviera e Montecarlo durante il giorno, in modo che nessuno riuscisse a riconoscermi, era così liberatorio. Mi sentivo di nuovo libero”. Stavo camminando nell’English Garden a Monaco gustandomi questa pace, e alcuni ragazzi mi riconobbero per come camminavo”. Chiesi loro”Come mi avete riconosciuto?”, e mi risposero:”Perché cammini molto particolarmente”; allora pensi:”O no! Devo cambiare anche il modo in cui cammino ora!”.

E’ difficile esagerare su quanto fosse famoso in patria Becker negli anni ottanta e novanta. La gente si sarebbe accampata sotto il suo hotel mentre giocava in patria per intravedere la giovane superstar, i diritti televisivi per il tennis divennero costosi come quelli del calcio, soprattutto dopo i suoi successi. Non era solo un giovane atleta ridicolamente pieno di talento, ma un emblema, che gli piacesse o no, della nuova Germania che si prendeva il proprio posto nel mondo moderno. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se negli anni successivi faticò a mantenere l’equilibrio nella vita privata e finanziaria, ma 30 anni dopo sembra aver trovato il suo equilibrio.
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A causa del peso della fama, Becker inizia a mettersi delle parrucche, in un tentativo di riacquistare il suo anonimato.
Ora Becker ha scritto un libro per parlare dell’anniversario, e mentre sembra ormai un ornamento da tavolino, il libro parla anche di molto altro. Per esempio, sul gioco attuale, lui conferma cose già note a molti nel mondo dello sport. Ad esempio che  il suo allievo Novak Djokovic  non ha un rapporto stupendo con Federer, anche se c’è rispetto reciproco. Descrive Murray come “onesto, ma in un’accezione negativa. Non ho mai visto un ragazzo, neanche John McEnroe, che si commenta dopo ogni punto come fa Murray. E’ impressionante quanto si parli durante un match”.
Becker dice che alcune delle reazioni che ha sentito dopo che è stato eletto da Djokovic come nuovo allenatore sono state “offensive”. La colpa è da dare anche al modo un po’ eccentrico di commentare di BBC TV, che ha messo in giro del velato scetticismo sulla sua figura da coach. Inoltre, essendo uomo, e quindi le critiche possono avere meno restrizioni, ha ricevuto meno commenti negativi rispetto a quelli che ha probabilmente ricevuto Amelie Mauresmo dopo che è stata ingaggiata da Murray.
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Becker è entrato nel team di Djokovic dopo un duro 2013, e da allora il serbo ha vinto 4 Grandi Slam.
Becker punta abbastanza sul grande distacco di punti di Djokovic dagli altri, e su questo è abbastanza flemmatico:”C’erano dei punti da confermare. Ma io sono sicuro di quello che faccio. Mi trovo bene con Novak, e sono contento di quello che abbiamo fatto”.Ora il campione tedesco ha 47 anni, ed è ormai abituato alle sassate e frecciatine dell’opinione pubblica. Arrivò a Wimbledon ’85 dopo aver vinto il torneo principe in prevista dello slam, cioè quello del Queen’s, ma non si credeva che riuscisse a ripetersi anche dopo 2 settimane. 
Quel  successo non sarebbe potuto arrivare  quell’anno, dopo che il tennista di Leimen cadde e si storse la caviglia durante il quarto set del quarto turno contro l’americano Tim Mayotte. “Ero a fondo campo, disperato e pieno di dolore, pronto per andare a rete e dare la mano al mio avversario. Anche Tim era a fondo campo. L’avevo storta male, ma in quel momento Tiriac e Bosch (Ion e Gunther, i suoi manager e coach) iniziarono a urlare:”Prendi un time out!”. Ho pensato che non aveva senso, ma c’ho pensato e ho chiesto all’arbitro se era fattibile. La storia sarebbe potuta cambiare”.
 Wimbledon era molto diversa in quei giorni, per esempio le racchette in metallo erano relativamente nuove, e molti dimenticano che c’erano dei terrazzamenti in stile calcio di fianco al centrale. Era un’atmosfera molto concitata, e lui era troppo inconsapevole per essere agitato in finale, e così battè un nervoso Curren dal Sud Africa, 10 anni più grande, in quattro set.
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Becker superò lo scoglio Curren per diventare il più giovane vincitore di Wimbledon nella storia.
La gente era meravigliata dalla potenza di “Boom boom” “Era come una domenica pomeriggio nello stile calcistico. E’ interessante, la gente parla del gioco potente, ma ora nessuno serve come facevamo allora. Servivo a circa 240 km/h a 17 anni. Di certo le racchette aiutavano, ma non ero l’unico a usarle”.

Nel giro di pochi giorni, quando è andato ad una parata nella sua città natale, Leimen, Becker ha conosciuto il rovescio della medaglia. “Ero preparato per tutto questo nel senso tennistico, ma non in tutti gli altri. Prima non eravamo per niente impressionati da questo glamour. Mio padre era architetto, mia madre lavorava nel suo ufficio, mia sorella studiava, eravamo una famiglia normale. “Quattro giorni dopo mio padre organizzò la parata, si sentiva in dovere di farlo, a mia madre non piaceva l’idea, e io non mi sentivo a mio agio”.

“Credo di esser stato una persona molto riflessiva e intorno ai 25 anni questo ha reso la mia seconda metà della carriera più difficile. Sapevo di essere un buon giocatore e di meritare di vincere ancora, ma pensavo: “perché sto ancora facendo questo? Perché non inizio a fare altro?”
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Becker vinse il titolo anche nel 1989, e ha posato assieme alla compatriota e vincitrice nello stesso anno Steffi Graf.
Aggiunto a tutto questo c’era il suo stato di simbolo non ufficiale della Germania. E’ interessante notare che Djokovic ha assunto lo stesso ruolo per la Serbia dopo aver superato un passato travagliato, anche se lui abbraccia di più l’idea.

“Ho sentito la pressione nel rappresentare la Germania e non mi sono mai sentito a mio agio in quel ruolo, essere un ambasciatore. Ero un tennista dalla Germania dell’ovest che giocava in tutto il mondo e mi sono sentito rispettato, non importava che fossi tedesco. Anche se ne ero consapevole”.

La sua reputazione di uomo giovane estremamente maturo crebbe quando perse a Wimbledon dopo aver vinto due titoli consecutivi, nel 1987 dall’australiano Peter Doohan. Nell’intervista dopo il match disse in maniera distaccata:”Ho perso una partita di tennis, non una guerra; nessuno è stato ucciso”. E questo fece molto scalpore allora.

“Ero sorpreso dall’impatto. Nessuno era morto, questa era la realtà. Avevo giocato male, ecco tutto”.Becker andò avanti e vinse 6 slam in una carriera splendente, ma il suo stile fisico gli ha fatto pagare pegno. L’anno scorso si è dovuto sottoporre ad un intervento per entrambe le anche e zoppica a causa dei problemi alle caviglie. “Ho lo stesso problema di Van Basten (il calciatore) , ho due ossa fuse assieme, e niente sarà come prima. Se viaggio molto ho giorni belli e brutti, ma se ho trattamenti regolari è meglio. “Non avevamo le scarpe e i supporti che hanno ora. Mi hanno detto che è l’usura, è il pegno da pagare per lo stile di gioco che avevo”.
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Becker lascia l’All England Club dopo una sconfitta al secondo turno dal poco conosciuto australiano Peter Doohan.
Ha vissuto a Wimbledon per molto tempo, ora con la seconda moglie Lily e il loro figlio Amadeus,  stanno pensando a chiedere la cittadinanza alla cittadina Inglese. Gli è stato chiesto se è per stare vicino al posto che lo ha fatto conoscere al mondo, dove ha vinto così tanto, perché ha un qualcosa di rassicurante dopo una vita spesso turbolenta che ha visto sia la gloria che momenti bui. “Lo state interpretando troppo” ha risposto “Ovviamente ho molti ricordi qua, ma se mia moglie non volesse vivere qua, non ce la farei a obbligarla. Lei si è innamorata di questo posto. Mi sento molto a mio agio , e conosco molto bene la zona. Ho lasciato casa a 15 anni, sono stato qua più di ogni altro posto al mondo, più di dove sono cresciuto”.

Più prosaicamente, vuol dire che può camminare fino al lavoro durante le due “grandi settimane” in cui andrà in scena il torneo di Wimbledon .Il numero uno del mondo Djokovic arriverà la prossima settimana per allenarsi dopo aver perso la finale di Parigi, che Becker spiega parzialmente con la resistenza tenace di Murray in semifinale. “In molti sensi era quella la finale, cinque set in due giorni” ha detto. “Novak ha giocato con Nadal nei quarti che era ancora più preparato, e poi ha dovuto giocare con qualcuno ancora più in forma. Questo gli ha preso il 10% in più necessario per vincere la finale”

 

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