Wimbledon, il gran gala in bianco

“Wimbledon è qualcosa di più di un torneo, è una religione. Wimbledon è il Vaticano del tennis. È come per un cattolico andare in pellegrinaggio a San Pietro”

Gianni Clerici
Ci siamo. Oggi, 23 giugno, la storia e la classe del tennis si fondono per dare ufficialmente il via a Wimbledon. Universalmente riconosciuto come Slam più ambito e torneo per eccellenza, considerata l’aura magica che aleggia sul torneo, non esiste tennista che non ambisca più d’ogni altra cosa a un trionfo sull’erba londinese.

Ma da dove nasce questa venerabile tradizione? Prima di tutto l’erba tagliata con cura, questa è la superficie con maggiori costi dal punto di vista della manutenzione oltre a necessitare di un clima particolare per poter essere coltivata, se non ci fosse Wimbledon potremmo aver già dimenticato i tennisti “erbivori”. Seconda motivazione: il marketing viene per qualche giorno oscurato, basti pensare che nessun cartellone pubblicitario è in vista sui campi. Provate a immaginare se mai potesse succedere nel calcio.
Wimbledon_1919,_ladies_singles_all_comers_final,_lenglen_vs._satterthwaite

A Wimbledon il protocollo britannico, che si manifesta nella sua severità perfino nei confronti dei ball boys, è percepito come un rito. L’All England Club si riempie di solide presenze dalla tradizionale famiglia reale, nel Royal Box del campo centrale, alla famosa coppa di panna e fragola, offerta agli spettatori durante i match. Ma quello che più caratterizza il torneo è il fatto che a Wimbledon scendano in campo gentiluomini, prima ancora di giocatori, rigorosamente biancovestiti: una tradizione ancora prima di una regola che vale dal 1877, quando l’All England Club organizzò per la prima volta il torneo.

I lord-members non potevano certo permettere ai professionisti della racchetta di entrare negli spogliatoi del circolo con calzini neri e magliette fluo. Non esistevano all’epoca, ma non ce ne sarebbe stato bisogno: di ricchi e aristocratici si trattava, quindi era normale presentarsi vestiti del colore della purezza e dell’eleganza. D’altra parte chi se non loro potevano permettere di lavarsi i vestiti, rimanendo quindi sempre candidi?

Si legge sugli annuali che agli inizi del Novecento gli uomini indossavano pantaloni lunghi in lino o flanella, a seconda delle stagioni, una camicia a maniche lunghe, in cui l’unica licenza ammessa era quella di poter arrotolare le maniche fino ai gomiti e un gilet, total white, si intende. Per le donne la situazione era ancora peggiore. Il gonnellino moderno è tutto quello che rimane di lunghe vesti e corpetti di pizzo, spesso abbinati a leggeri cappelli, al posto della ben più riduttiva visiera. Se con gli anni gli abbigliamenti e gli stili sono cambiati, ben poco si può dire rispetto al vecchio torneo inglese. Il “mostly white” da tradizione è diventato appunto regola del torneo, imponendo che almeno l’80% dell’abbigliamento sia di colore bianco, un modo per mantenere il prestigio del torneo e distinguersi da tutti gli altri Slam, nella perfetta tradizione britannica.

Si dice che le grandi firme sportive inizino a creare i modelli per Wimbledon nelle prime settimane dell’anno e che il tutto resti segreto fino all’ingresso sul court del campione in carica. Resta indimenticabile il tailleur con cui si è presentato nel 2007 Federer con tanto di bauletto bianco rigido con cuciture e una grande “F” dorata al centro. Non meno sublime e quasi mitologica fu anche l’entrata di Maria Sharapova con ali di pizzo sulla schiena fino a leggeri volant sul gonnellino.

Tutti in riga quindi per il torneo che ha visto perfino il giovanissimo Agassi domato dal white dress rule, proprio lui che scendeva in campo con i calzoncini di jeans e strambe acconciature di capelli colorati (tra l’altro nemmeno del tutto suoi). E se Wimbledon è il luogo più gentile del mondo, bisogna anche dire che è l’unico torneo dove se ti comporti in maniera non conforme alle regole puoi essere criticato dentro e fuori dal campo. Lo stile sobrio e classico che non permette di eccedere molto nel mostrare gli sponsor ha colpito il cavaliere senza macchia del tennis. Sì, proprio lui Roger Federer il più elegante e più vincente tennista della storia di Wimbledon: è stato multato per aver indossato nel 2013 le scarpe bianche della Nike con le suole arancioni.

Ma più di un episodio è stato oggetto di critiche: già dagli anni ’70 si iniziò a discutere se la regola del “mostly white” avesse dovuto subire qualche cambiamento, il primo strappo fu compiuto dall’italiana Fila per poi essere seguita dalle note tre strisce di Adidas. E se ogni regola ha la propria eccezione, ecco subito ricordato lo svolgimento della XXX edizione delle Olimpiadi nel 2010, svoltesi proprio a Londra, nei sacri campi di Wimbledon. I giocatori potevano entrare per la prima volta nel tempio del tennis con l’abbigliamento della nazionale di cui facevano parte. Ma cinque cerchi a parte, siamo certi che Wimbledon a lungo resterà uno degli ultimi baluardi in grado di fondere la nobiltà e la classicità dell’arte tennistica, contrapponendosi con le sue dure leggi all’evoluzione tecnologica e fisica dei materiali e degli atleti in campo che oggi più che mai sfidano le logiche di gioco.

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