Hippy o pallettari? Che cosa ha causato la crisi di Nole?

Basterà la vittoria nel torneo di Doha per mettere pace a Novak Djokovic e farlo tornare ai livelli pre-crisi? La risposta a questo quesito l’avremo probabilmente alla fine delle due settimane dello slam australiano, ma nell’attesa andiamo a scoprire i perché di una crisi che è riuscita a mettere in ginocchio un gigante del nostro sport.

Dopo un 2015 spumeggiante all’insegna di record battuti e avversari strapazzati, Robo-Nole arriva ai nastri di partenza del 2016 senza nessun avversario. Nei primi cinque mesi dell’anno Novak dimostrando un livello molte inferiore rispetto ai suoi standard, riesce comunque a vincere Doha, Australian Open, Indian Wells, Miami, Madrid e il Roland Garros. Durante lo slam parigino iniziano a manifestarsi primi sintomi della crisi causa la comparsa dei temibili abbracci post match. Arrivato a Wimbledon la strada sembra spianata, con un Grande Slam che lo aspetta. Ma dopo i primi due turni ad aspettare il serbo c’è il battitore americano Sam Querrey. Nonostante l’aiuto del crepuscolo che fa rimandare la partita al giorno successivo, Novak cade in quattro set per mano del playboy americano e bye-bye Grande Slam.

Una sconfitta, d’altronde può capitare a tutti, anche ai migliori. Ma quella sconfitta apre inspiegabilmente uno squarcio nella mente del serbo che si mostra vulnerabile come non mai, raggiungendo l’apice durante il torneo di Shanghai, quando viene sconfitto dal pallettaro spagnolo Bautista Agut, roba da ritiro dal tennis nella conferenza stampa post match. I continui passi falsi dell’ex Terminator, portano alla rimonta del suddito in kilt Andy Murray, che nel mese di ottobre gli scippa la prima posizione del ranking. Impaurito dal sorpasso dell’urlatore scozzese, Djokovic si rifugia nell’amore verso il prossimo, assumendo un Hippy, tale Pepe Imaz e facendolo sedere nel suo box nelle vesti di Mental Coach, decisione che fa scappare a gambe levate Zio Boris. Nell’ultima partita dell’anno c’è lo spareggio per il primo posto della classifica, ma Djokovic parte sconfitto soprattutto dopo le foto uscite in settimana di lui che si allena con una maglietta con scritto “Novak Djokovic bring the love”, davvero troppo per uno che aveva la fama del cannibale.

Il 2017 sarà per lui l’anno del riassestamento. L’urlatore in kilt è un avversario ampiamente alla sua portata come ha dimostrato nella prima finale dell’anno, gentilmente donatagli da Nando Verdasco, forse impaurito da una vittoria di tale prestigio. Djokovic deve quindi solo rimettere la testa a posto e lasciare stare la pace e l’amore almeno ancora per qualche anno e tornare il cannibale che è sempre stato.

 

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