La bellezza del gesto

Tennis, una parola così universalmente nota, tanto da divenire quasi una figura retorica mentale che riproduce, pur non facendolo, il suono di ciò che nel suo significato esprime.
Gia’ nota nel 1325, la parola tennis si trova nella “Cronica di Firenze” di Donato Velluti.
Soprattutto però direi, ad usarla fu William Shakespeare, nel dramma storico “Enrico V, composto tra il 1598 e il 1599

Egli sfida così, dovete dirgli, un avversario che con i suoi colpi gli metterà a soqquadro tutti i campi di tennis della Francia
e ancora così Re Enrico V d’Inghilterra dichiara guerra alla Francia
Re Carlo dite dunque al faceto vostro principe che con questo burlesco suo giochetto ha trasformato in palle da cannone le sue palle da tennis

Nel corso degli studi classici, ho sempre sostenuto la teoria della bellezza assoluta come chiaro canone estetico indiscutibile. Partendo dall’insieme dei criteri promossi dalla Grecia antica, finalizzati alla ricerca del massimo grado di armonia e perfezione formale, passando per la pittura di Giotto, Michelangelo o Raffaello, per arrivare alla perfezione stilistica anche nella scrittura di Dante e del sopra, non a caso citato, William Shakespeare. Così come questi esempi non sono affatto esteticamente sindacabili, sono allo stesso modo convinto che il Tennis e la Bellezza siano l’uno parte vitale ed essenziale dell’altra. Non c’è alcun tennis senza bellezza estetica. La beltà del gesto tennistico si esprime attraverso le torsioni, gli scatti, gli slanci, e le tensioni degli attori in campo, idealmente aggraziati e pieni di armonia come le forme delle statue classiche della Grecia antica. Il “Discobolo” di Mirone sprigiona energia e libera tensione così come il rovescio a una mano di Pete Sampras, Roger Federer, Richard Gasquet. Il “Dorifero” di Policleto, una delle massime figure della scultura greca del periodo classico, paragonabile solo all’assoluta eleganza del movimento di sua maestà Roger Federer, fuoriclasse e simbolo incontrastato di questo sport antico e super moderno allo stesso modo, contaminato dalla tecnologia ma forte ancora dello spirito regale d’un tempo e tramandato infatti nel corso dei secoli, attraverso le nobiltà delle corti europee, dall’Italia (con la palla corda) all’Inghilterra e alla Francia.

La perfezione dell Uomo vitruviano di Leonardo, esatta quanto il bel tratto atletico e stilistico della Evert, Navratilova, della Graf, o della Serena Williams dei nostri giorni.
Quella del tennis è una disciplina a parte, si distingue nello sport per innumerevoli motivazioni: tra i pochissimi praticabili in sole due persone, l’uno contro l’altro, e altri ben undici uomini atti al controllo delle regole. Se ci pensate è come un re dentro il proprio palazzo, solo contro il mondo attorniato da servitori gentili. Non a caso durante Wimbledon, il torneo dei tornei, regale per eccellenza, si richiede uniformità assoluta al colore bianco per tutti i tennisti, come fosse l’abito dell’imperatore.

La bellezza e l’esser donna nel tennis pone quindi delle riflessioni se vogliamo scorrette ma terribilmente reali. Nulla, secondo la mia visione, nuoce più che la totale disarmonia di alcune atlete in conflitto con il loro corpo. Concludo con quella che rappresenta la sconfitta di quanto da me sostenuto fin ora: il 6 luglio 2013 Marion Bartoli, fuori da ogni canone di grazia, vince la finale di Wimbledon, proclamandosi regina e sconvolgente sorpresa della stagione 2013. Forse sconvolta lei più di ogni altri; proprio per questo sceglierà, appena un mese dopo, il ritiro dalla scena tennistica mondiale.

Simonluca Sacco

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