Un assassino in finale a Wimbledon: Vere Thomas St. Leger Goold

VERE GOOLD, L’ELEGANTE TENNISTA – Prima dei professionisti superallenati dell’era moderna, prima dei campi dotati di occhio di falco, prima dei premi milionari per i vincitori, la finale della terza edizione del torneo di Wimbledon (annus Domini 1879) ospitò l’incontro fra un prete inglese e un irlandese di nobile discendenza. Quest’ultimo, Vere Thomas “St. Leger” Goold, era il terzo figlio di una benestante famiglia di Cork. Quando non esistevano ancora le classifiche ATP calcolate dal computer, Vere Goold conquistò il diritto di partecipare a Wimbledon aggiudicandosi la prima edizione dei campionati irlandesi di tennis e si presentò ai Championships – in quello che sarebbe diventato “il tempio del tennis” – con uno stile di gioco pervicacemente offensivo, inusuale per l’epoca. Con le sue discese a rete, il venticinquenne irlandese conquistò il pubblico locale e si fece strada fino alla “All Comer’s Final” perdendo appena due set in quattro partite. A quei tempi (e fino al 1922) a Wimbledon vigeva il Challenge Round: il vincitore dell’edizione precedente veniva ammesso direttamente in finale. Però il campione del 1878, Frank Hadow, si dimostrò più interessato alle proprie piantagioni di caffè nel sud-est asiatico che alla gloria tennistica e declinò l’invito: la sfida fra Vere Goold e il reverendo anglicano John Hartley avrebbe decretato il vincitore della terza edizione. L’asfissiante regolarità da fondocampo del chierico si rivelò un ostacolo insormontabile per l’esuberante Vere Goold, sconfitto col perentorio punteggio di 6-2 6-4 6-2. John Hartley riuscì a ripetersi l’anno successivo, prima che William Renshaw instaurasse un autentico regime con sette vittorie in singolare e cinque in doppio, mentre Vere Goold raggiunse la finale nel prestigioso torneo di Cheltenham (perdendo, anche lui, contro William Renshaw, nonostante un vantaggio di 4-1 nel quinto set). Tornato a Dublino per difendere la corona di campione irlandese, una malattia gli impedì di arrivarci in buona forma e stavolta il risultato a favore di William Renshaw fu impietoso: 6-1 6-4 6-3.

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VERE GOOLD, LO SPIETATO ASSASSINO – La carriera di Vere Goold continuò, senza grandi acuti, fino al 1885 quando appese la racchetta al chiodo e divenne segretario nella commissione per i confini comunali di Dublino. Trasferitosi a Londra, incontrò e sposò nel 1891 la sarta francese Marie Violet, una donna assetata di denaro con due matrimoni alle spalle (un giovane spiantato presto abbandonato e un capitano, entrambi morti). I coniugi Goold, attratti dal lusso e schiavi dei vizi, cercarono (vanamente) fortuna in Canada prima del ritorno in patria, dove investirono i propri averi in una lavanderia; anche stavolta l’impresa si rivelò fallimentare e la coppia tentò la carta (l’ultima?) del casinò di Monte Carlo. La mattina del 6 agosto 1907 dal treno che da Monte Carlo si fermava a Marsiglia scesero gli eleganti coniugi Goold, con una pesante e maleodorante valigia intrisa di sangue. Un facchino, non convinto dalla spiegazione data (“contiene un pollo macellato” asserì l’ex tennista), li denunciò alla polizia che, aprendo la valigia, trovò i resti di una persona fatta a pezzi. Vere Goold confessò subito: i resti appartenevano alla ricca vedova danese Emma Liven, a cui i coniugi chiesero (ottenendolo) un prestito per poter giocare al casinò; in seguito all’impossibilità di restituire il denaro, ci fu un furioso alterco e Madame Liven venne barbaramente uccisa. Il processo, svoltosi in Francia con un notevole seguito popolare, si chiuse con la condanna di entrambi all’ergastolo (per Marie Goold, la mente criminale dietro il delitto, era stata richiesta la pena capitale). Dopo appena due anni, in confino sull’Isola del Diavolo (al largo della costa della Guyana francese), Vere Goold si tolse la vita, una vita vissuta senza freni né limitazioni, come quel brillante tennis che non gli regalò soddisfazioni nella storica finale fra il santo e il peccatore.

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