Un dato oggetttivo nella, deludente, stagione di Fabio Fognini, è l’infortunio molto serio patito proprio all’ìnizio del circuito su terra rossa, il più favorevole al talento ligure.
Con buona probabilità va detto che senza quel serio intoppo, la sua stagione non si sarebbe chiusa salvando per il rotto della cuffia la top50, ma più avanti.
Fatta questa oggettiva precisazione, le dichiarazioni riportate oggi dalla Gazzetta dello Sport meritano una chiosa, purtroppo non proprio positiva.
Quanto detto da Fognini in replica alle affermazioni di José Perlas è abbastanza curioso. L’ex tecnico, ormai, che ha portato Fognini al suo best ranking assoluto (#13) aveva chiaramente esperesso la sua delusione per la volontà del ligure di non voler fare il passo decisivo verso la top10. Fognini ha detto di “aver avuto paura”. Un aspetto singolare, per l’appunto, per un professionista sportivo giunto a quel livello di eccellenza, la voglia di non assurgere, dichiratamente, al massimo gotha del tennis mondiale. Come spiegare una posizione del genere? Senso di appagamento, paura di un fallimento, mancanza di ambizione?
Difficile dirlo. Però, col senno di poi (del quale sono piene le note fosse), rileggendo i risultati che da quel best ranking in poi si sono succeduti, con le sceneggiate poco edificanti cui abbiamo assistito, tutto appare più chiaro. Il rapporto con Perlas, dal punto di vista professionale, non aveva più ragione d’essere. Il tecnico voleva giustamente portarlo nella top10, provare a conquistare risultati importanti anche a livello Slam, anche in singolare. Il giocatore aveva altre priorità. Il matrimonio con Flavia Pennetta, con l’infelice, ma a questo punto simbolica data, nel bel mezzo della stagione, pare una manifesto programmatico: la mia carriera, in questo momento, non è una mia priorità. Lecito, per carità. E ci mancherebbe altro. Ma, l’osservatore ha il diritto di rivendicare un mordente in più dal campione, soprattutto se si è avvertito più volte il sentore che quel campione era il tanto atteso.
Quale speranza adesso? Il nuovo coach, evidentemente straniero (si fa il nome insistente di Franco Davin) visto che lo stesso Fognini afferma di non vedere tecnici preparati in Italia (sic!), avrà il compito di “riportarlo stabilmente nella top30”. Obiettivi di semplice buon senso di chi rifà i passi giusti uno per volta, consapevole della strada da fare verso il ritorno al proprio meglio, magari per dimostrare come hanno già fatto in tanti, che il meglio giunge dopo i 30 anni che Fognini sta per compiere. Oppure obiettivi minimi, di provincia. Lo scopriremo presto.
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