Ricorre oggi l’anniversario numero 65 della morte del barone Uberto de Morpurgo.
Questo nome dirà poco o nulla (più probabilmente nulla) ai più giovani tra gli aficionados della racchetta, ma di sicuro dovrebbe accendere qualche lampadina nella memoria dei più attempati o tra quanti amano ripercorrere storia del tennis.
Uberto, nome che ricorda quel del mistico francescano Ubertino da Casale (celebrato ne “Il Nome della Rosa” dal compianto Umberto Eco), nasce in Gran Bretagna, dove muove i primi passi su un campo da tennis, grazie all’interessamento di sua madre, per l’appunto britannica. Siamo negli anni 10′ del secolo scorso, e proprio grazie al suo rango (suo padre si fregiava del titolo di barone) accede al nostro sport, considerato in Europa appannaggio dell’upper class.
Nel 1916, giusto un secolo fa, poteva già vantare il titolo di campione studentesco del Roland Garros, e nel 1924 vince il suo titolo più importante, la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Parigi, sconfiggendo niente di meno che Jean Borotrà, uno dei miti del tennis transalpino. A Wimbledon raggiunge la finale del doppio misto, allora disciplina considerata un must per i migliori giocatori, insieme alla statunitense Elizabeth Ryan, che 9 anni dopo vincerà gli Internazionali d’Italia. Sarà il 1930 il suo anno decisamente tricolore, riuscendo nell’impresa di arrivare in finale in tutte e tre le competizioni degli Internazionali d’Italia, fermato ben due volte da uno dei miti assoluti del tennis mondiale, Bill Tilden, sia nella finale del singolare maschile che nel doppio, ma vincendo in finale, opposto ad un’altra colonna del tennis nostrano, Lucia Valerio (che giocava con Pat Hughes, mentre era la spagno Lilì de Alvarez la compagna di de Morpurgo).
In Coppa Davis scrive però le pagine cui il suo nome è più legato, avendo difeso i nostri colori per 10 anni, collezionando ben 39 vittorie a fronte di 14 sconfitte in singolare (16 contro 10 il bilancio in doppio. Ha chiuso ben tre volte tra i top 10 dell’epoca, con un best ranking al numero 7.
Curiosità: essendo triestino fu arruolato nella Grande Guerra come aviatore per l’esercito di Francesco Giuseppe d’Asburgo.
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