Coaching, l’eterno dilemma tra tradizione e innovazione

Oltre alla presunta disparità di giudizio tra maschi e femmine nel tennis da parte degli arbitri, Serena Williams sembra aver aperto la discussione sul tema del coaching durante i match degli slam. I suggerimenti del suo allenatore Mouratoglou durante la finale allo US Open con la nipponica Osaka, hanno scatenato una delle peggiori reazioni in carriera della statunitense.

Le immagini di Serena che accusa l’arbitro Ramos di essere un ladro hanno fatto il giro del mondo e, ancora, lasciano strascichi importanti. In questi giorni infatti Philip Brook, chairman nel board di Wimbledon e presente in tribuna durante la suddetta finale, sostiene che i tempi per una valutazione siano maturi.

Sarebbe sicuramente una rivoluzione nel tennis che conta. La solidità mentale di un tennista che si ritrova da solo contro il suo avversario sarebbe aiutata dai consigli del proprio allenatore, un po’ come in un match di boxe. Ci chiediamo se questo non cambi radicalmente la bellezza del nostro sport, privandoci di quell’epica che lo rende unico su tutti.

Riconosciamo che è logico e anche giusto mettere in dubbio tante regole legate alla tradizione (ad esempio al tema del tie break nel quinto set di Wimbledon). Ma è lecito anche chiedersi le ragioni che stanno dietro ad un cambiamento di questo tipo è ad ad altri. Esistono effettive necessità? Sicuramente è tempo di cambiamenti nel tennis e non escludiamo che alcune cose verranno modificate.

L’eterno dibattito tra tradizione e innovazione è sempre più aperto dunque di doman non c’è certezza. Voi che ne pensate?

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