Diario degli Australian Open: giorno 10

-Un paio di impressioni sul match di Nadal.
La prima è che Thiem abbia assolutamente meritato la vittoria. Un gioco propositivo, coraggioso e sfavillante. I progressi sul duro fatti dall’austriaco sono sotto gli occhi tutti, e il precedente giocato tra lui e lo spagnolo agli Us Open del 2018 rappresentava una prova tangibile di quanto equilibrata potesse essere la partita. Così è stato.
La seconda, sulla quale mi concentrerò maggiormente, è la sempre più costante incapacità di Nadal di chiudere i match delicati quando ne ha la possibilità.
Lo so, sembra assurdo scrivere una frase del genere parlando dello spagnolo. È conosciuto in tutto il mondo come detentore della mente più fredda e sportivamente cattiva nella storia.
Eppure, da ormai qualche anno, Rafa sembra avere paura. Ricordate l’ultima finale degli Us Open? Un caso emblematico. Per poco Medvedev non ha fatto l’impresa della vita.
Oggi, quell’insicurezza, si è vista più e più volte. Nei primi due set, in vantaggio di un break, si è sgretolato. Al quarto, con l’inerzia dalla sua parte dopo aver strappato il servizio a Thiem nel decimo gioco, è uscito sconfitto.
Tre tiebreak giocati, tre tiebreak persi. Non è un caso, non può esserlo. Lo so io e lo sa lui.
Ho visto tantissime partite del maiorchino e ormai capisco quando non ci siano possibilità di vittoria. Si riconoscono dai dettagli, le sue sconfitte. Quando inizia a tremare i colpi risultano sempre più corti e centrali. I rovesci finiscono larghi e i dritti lungolinea in rete. È come uno schema fisso che ogni volta si ripete sempre uguale.
Gli Australian Open non sono il suo torneo, questo risultato non si farà troppo sentire.
Ma più che l’uscita, a far male sarà un nuovo vantaggio sprecato. Gli episodi si sommano, crescono, calcificano.
La tattica è ormai ottima, lo sviluppo di una strategia offensiva pure. Mi prenderete per pazzo, ma credo fermamente che le tante sconfitte patite negli ultimi anni da Nadal sul cemento siano causa della testa più del gioco.

 

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