Diario degli Australian Open: giorno 8

-Quello tra Nadal e Kyrgios è stato un incontro avvincente, intenso ed incerto fino all’ultimo. Vince il giocatore più solido, il più forte tra i due e nonostante Kyrgios abbia avuto e sprecato qualche chance, non può recriminare più di tanto.
64-27 il bilancio tra vincenti ed errori gratuiti del maiorchino, 50-43 quello dell’australiano, ma, oltre al bel tennis, colpisce il clima che si respira sulla Rod Laver Arena.
Poche ore prima, il mondo è stato scosso dalla notizia shock della morte di Koby Bryant. Tutti ne parlano, piangono una delle più grandi icone dello sport venuto a mancare in un tragico incidente aereo.
Ci si ferma un attimo a riflettere su quanto effimera sia la vita. Basta un imprevisto ed un semplice volo in elicottero, come Bryant ne avrà fatti a centinaia, assume le forme di una condanna. Con lui, ci lascia anche la figlia tredicenne e altri sette passeggeri.
Nick Kyrgios, grande appassionato di basket, scende in campo tra le lacrime e si riscalda indossando la maglia dei Los Angeles Lakers.
Nadal inizia la partita dominando da fondo e portando a casa il primo set. Gela i focosi tifosi australiani, rimasti immobili fino al break conquistato da Kyrgios nel secondo. Nick porta il punteggio in parità ed accende la folla, inizia a giocare come solo lui sa fare, trasformando spesso gli scambi in spettacoli di cabaret.
Si arriva al tiebreak e Nadal lo gioca d’esperienza. Vince, si porta in vantaggio e sembra poter concludere agilmente al quarto servendo per il match sul 5-4.
Ma arrivano gli errori, in un attimo ci si ritrova 5-5 e da lì è di nuovo tiebreak.
C’è tensione, l’aria è frizzante e i movimenti dei due, assoluti protagonisti, iniziano a farsi sincopati.
Una folle smorzata di Kyrgios consegna la sfida al numero 1, che alza le braccia al cielo e raggiunge i quarti di finale. Non hanno deluso, i due. Gioco antitetico, personalità antitetiche.
Se fossero coetanei, sarebbero protagonisti di una splendida rivalità.
Nadal, però, dimostra ancora una volta di essere il più forte.

-Bentornato a Stan Wawrinka.
Avevo quasi perso le speranze, spaventato dall’idea di assistere ad anni di anonimato svizzero dopo la folgore dei bei tempi che furono.
Ed ecco che, dall’oscuro oblio, torna a farsi vedere eliminando Medvedev.
C’è poco da fare. Il suo rovescio è da prestigiosa cineteca. Rimango ore fermo ad osservarlo, quel colpo lungolinea che fende l’aria con un sibilo. Ne traggo giovamento, come fosse la fontana della giovinezza.
Quando schiocca l’ultimo vincente e mette a tacere la monotonia sovietica, sorrido come fossi un bimbo nel giorno di Natale.
Che piacere riaverlo qui, ai quarti di uno Slam. Affronterà Zverev in un quarto in cui godrà di tutto il mio tifo. Sogno una semifinale tra lui e Nadal, ricordando, con sofferenza, la finale che su questi campi consacrò Stan e lo rese grande.

-Nel circuito femminile succede tutto e non succede nulla. Simona Halep sembra non risentire del cambio generazionale sempre più consistente e continua la sua sadica marcia trionfale. Impossibile sbilanciarsi in pronostici.
I risultati del tabellone rosa vengono estratti giornalmente a sorte da un anziano aborigeno ipovedente.
Potrebbe vincere Kvitova, lo spero sempre. Anche se non mi stupirebbe affatto osservare un immenso sorriso nel volto di una ragazza mai vista a questi livelli al termine dell’ultimo match del torneo.

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