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Diario degli Australian Open: giorno 9

-Ancora lui. Ancora quel fisico che, nella carriera di Nadal, rappresenta il più grande dono ed al contempo la più grande sciagura.
Ricordo quattro anni fa, una finale con Wawrinka iniziata con tutti i favori del pronostico, giocata e persa patendo dolori che trasparivano da ogni espressione. Mentre guardo Rafa subire immobile quattro ace consecutivi nel primo game del quinto set, provo un profondo senso di angoscia. Già alla fine del terzo set, vinto grazie ad errore imperdonabile di Cilic che viene a rappresentare il punto simbolo della sua intera carriera, avevo l’impressione che lo spagnolo avesse difficoltà a coprire il campo nell’angolo sinistro.
Dal quarto parziale in poi è un dolore degenerativo, che aumenta in modo direttamente proporzionale ai metri percorsi e, ancora peggio, ai cambi di direzione effettuati.
La smorfia di dolore durante il medical time out indica la fine della partita, giocata inizialmente in modo superlativo da entrambi, con il croato che trova vincenti spaventosi e lo spagnolo bravo nel manovrare di dritto affondando con il rovescio incrociato quando si presenta l’opportunità.
Tutto, però, finisce, con un ultimo game, il secondo del parziale decisivo, nel quale un Nadal impotente prova cocciutamente a portare a casa il servizio, incapace di correre incontro alla palla ma testardo nel non voler cedere ad un’anca che gli urla di fermarsi.
Quando, poi, il servizio lo perde, capisce che non c’è nulla da fare. Con la testa bassa si avvicina alla sedia del giudice, gli stringe la mano, si avvicina a Cilic, si scusa, lo abbraccia. Getta il polsino sulla borsa con uno scatto di rabbia, lasciando uscire la frustrazione provata dalla consapevolezza di essere stato nuovamente fermato non da un avversario, ma dal proprio stesso corpo.
Saluta il pubblico e si incammina verso gli spogliatoi, mentre il croato festeggia la conquista di una nuova semifinale.
“Sono una persona positiva, ma so che un’altra opportunità, per me, se ne è andata”.
Mi dispiace, Rafa, ed il tuo ritiro non può far altro che lasciare un senso di vuoto in tutti coloro che amano il tennis.

-Prima della partita brillantemente giocata con Kyrgios, non a caso avevo espresso dubbi sulla condizione del bulgaro, che mi era apparsa inferiore rispetto a quella mostrata dallo scorso novembre ad oggi, prima dell’inizio degli Australian Open.
Con Edmund partiva ovviamente favorito, nonostante un britannico particolarmente ispirato che, durante la sfida disputata con Seppi, era stato in grado di produrre vincenti a profusione partendo da una pesantezza di palla con pochi eguali.
Kyle ha però giocato meglio, sfruttando colpi del bulgaro troppo spesso corti e centrali, meritando in toto la vittoria.
La trama è quindi piuttosto semplice. Il più forte tra i due non gioca bene, l’altro è al meglio ed al massimo della fiducia, colpisce la palla con un timing splendido, ha il coraggio di accelerare lungolinea ed affonda i propri fondamentali colpo dopo colpo. Grazie ad un numero limitato di gratuito, viene quindi a crearsi, per Edmund, la condizione migliore nella quale esprimersi, riuscendo con sempre maggiore convinzione a liberare il braccio.
Semifinale con Cilic, dalla quale la palla uscirà livida.
La miglior partita in carriera lo porta ad un risultato impronosticabile.

-Caroline Woznaicki batte Carla Suarez Navarro in quella che, nel secondo set, è qualitativamente parlando la miglior partita del torneo.
Troppo solida poi la danese, per una spagnola che illumina gli occhi del pubblico a suon di rovesci ad una mano sublimemente schioccati, andando dunque a vincere con mestiere, dimostrando la ferrea volontà di conquistare il primo Slam in carriera e la prima posizione mondiale.
Nell’altro quarto Elise Mertens dimostra come, nel circuito femminile, chiunque possa raggiungere le fasi decisive di un Major.
La belga classe 1995, che mai aveva superato un terzo turno in appuntamenti di questo tipo, rifila anche un 6-0 all’astuta Svitolina, prenotando la semifinale con la danese.
Cosa dire, succede di tutto.
E gli “upset” non fanno più notizia.

Dal vostro cronista è tutto, a domani.

Nicola Corradi

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Nicola Corradi

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