Diario degli Us Open: giorno 12

Mentre scrivo queste righe sono arrabbiato. Sono arrabbiato perché il mio compito è parlare di tennis, ma stanotte non posso farlo. Dal momento in cui Rafa Nadal si è ritirato sul punteggio di 7-6 6-2 in favore di Del Potro, la mia bacheca è stata inondata da messaggi e post atti al solo fine di provocare, scritti da equivoci soggetti che con le loro parole infangano la carriera di un giocatore che rappresenta la storia di questo sport. Mi sento amareggiato, davvero, e ringrazio che questo spazio, sul quale giornalmente mi trovo a scrivere, sia ancora un’isola felice all’interno della quale poter civilmente discorrere di sport, in mezzo ad una marmaglia ignorante che utilizza i social come megafono per il libero sfogo delle proprie frustrazioni. Rafa perde, in stagione, il secondo Slam a causa di un infortunio, dopo quell’Australian Open dove fu con Cilic che il ritiro avvenne. Nonostante il dolore al ginocchio dovesse essere lancinante, sceglie di continuare a giocare fino all’ultimo istante possibile, onorando il pubblico accorso per poterlo vedere. Non basta questa lampante dimostrazione di umanità per confinare l’odio gratuito del popolo del web, un gregge di stolti fenomeni dall’inutile boria autoreferenziale. Non sarebbe mio compito condannare ed analizzare questo fatto, e mi dispiace che l’analisi tecnica dell’ultimo diario degli Us Open sia stata eclissata dallo sfogo che avete appena letto, ma ho la fortuna di avere un pubblico e sento la necessità di sfruttare questa cassa di risonanza per tentare, nel mio piccolo, di arginare ciò che sta realmente diventando un problema. 

Del Potro raggiunge la seconda finale Slam in carriera. L’ultima, lo ricordiamo tutti, fu nove anni fa su questi stessi campi, dove, entrando a grandi passi nel tennis che conta, sconfisse Federer facendo perno sul proprio poderoso dritto. Le condizioni sembrano essere le medesime del 2009, il rovescio è finalmente tornato a scorrere dopo lo scorso biennio durante il quale fu soltanto impattato in back. Nonostante le migliorie siano evidenti, in finale partirà nettamente sfavorito. Come diceva Mitch Hedberg, “la cosa deprimente del tennis è che non importa quanto bene giochi, non sarai mai forte come un muro”. 

-Il Novak Djokovic visto stanotte è imbattibile. Tutti i colpi giocati ad una spanna dalle linee, un atletismo incontrastabile che gli permette di raggiungere agilmente ogni palla avversaria. Nole è tornato ad essere quella robotica macchina perfettamente programmata capace di asfissiare i giocatori a lei opposti con una velocità di crociera estremamente elevata. Nishikori, che pur si sapeva non avrebbe retto il confronto, è stato in totale balia degli eventi, incapace di contrastare un uomo semplicemente troppo più forte di lui. 

La seconda finale Slam dell’anno raggiunta lo vede nuovamente indiscusso favorito, e questa situazione, tornando con la mente al momento in cui, con una risposta lungolinea di rovescio, Marco Cecchinato lo estromise dal Roland Garros, non può far altro che suscitare, nei suo confronti, un grande sentimento di ammirazione, per essere riuscito, in un solo mese, ad uscire da un tunnel che sembrava non avere fine. Il serbo ha saputo sfruttare al meglio uno dei tabelloni Slam più agevoli che io ricordi ed arriva all’atto finale con il massimo delle energie. Se realmente alzerà al cielo il trofeo, sarà un successo meritato. 

Dal vostro cronista è tutto, grazie per aver seguito il torneo insieme a me. 

Buone finali. 

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