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Diario del Roland Garros: giorno 4

-Matteo Berrettini mi ha dato un’immensa gioia. Opposto a Gulbis, ero convinto di come, l’istrionica presenza scenica del lettone, lo avrebbe progressivamente schiacciato, minandone le certezze con lampi di genio tennistico da lui prodotti mirati alla frustrazione del proprio inerme avversario. Invece, grazie all’utilizzo di un back di rovescio che sapientemente utilizza come arma per cambiare ritmo alle consolidate accelerazioni di dritto, dà vita ad uno scontro gradevole, vestendo i panni del cartomante con smorzate vincenti da ambo i lati del campo che dimostrano, oltre a potenza grezza già ben nota nel suo bagaglio tecnico, una mano non indifferente. Quattro set di pregevole esposizione tennistica danno vita ad una sfida dai contorni interessanti, dando la possibilità di continuare a seguire il miglior giovane che la scuola italiana abbia oggi in dote.

-Insieme a Berrettini, raggiunge il terzo turno anche Marco Cecchinato, che centra il risultato per la prima volta in carriera. Trungelliti, nonostante in questi giorni la cronaca mondiale lo abbia assurto ad eroico totem per aver attraversato mezza Europa in macchina, rispondendo alla chiamata da lucky loser, non possiede le armi sufficienti per poter pensare di interpretare una partita di alla pari con un top 60 quale è attualmente il palermitano, che infatti in tre set, addirittura più netti di quanto il punteggio non dica, ne dispone a proprio piacimento. La tensione di fronte al traguardo ne scopre crudelmente i nervi e, nel momento di maggior difficoltà, lascia che la rabbia prenda il sopravvento, iniziando, colto da raptus d’ira e linfa teatrale, ad insultare arbitro ed avversario, recitando per qualche game il ruolo di vittima sacrificale colpita da un destino avverso e malvagio. Oltre ciò, il risultato è ottimo e gli regala il match, dal quale potrà imparare molto, contro Pablo Carreno Busta.

-Camila Giorgi, sedati i muscoli spasmodici che per i tanti anni vissuti nel circuito ne hanno limitato esponenzialmente la caratura dei risultati raggiunti, schiaccia l’impotente Duque-Marino e ottiene il pass per il terzo turno con il pesante punteggio di 6-0 6-3. È giusto riconoscere come, le avversarie affrontate fino ad ora da Camila, non siano a lei paragonabili come livello effettivo di gioco, ma i secchi parziali con i quali si è imposta, evitando i soliti momenti di occlusione che si traducono in fucilate sparate senza raziocinio alcuno, confermano una volta di più le ottime impressioni riportate finora sul suo conto. Quello con la Stephens sarà un incontro ricco di spunti, perché l’americana, è sempre bene ricordarlo, rimane tutt’oggi la campionessa in carica degli Us Open.

-Sono necessari cinque set ad Alexander Zverev per imporsi su Dusan Lajovic, onesto interprete serbo che nulla di eccezionale ha mai ottenuto in carriera. Se la stessa partita si fosse giocata un paio di settimane fa, in uno a scelta tra i tornei di Roma e Madrid, il tedesco l’avrebbe portata a casa in poco più di un’ora, lasciando la miseria di cinque game.
È evidente, però, come negli Slam le pressioni che gravano sulle spalle di Sasha lo trasformino in un giocatore che non gli corrisponde, estremamente falloso e fiacco nella scelta tattica di curve, traiettorie e rotazioni da utilizzare nel corso degli scambi.
Incomprensibile, considerando il livello del teutonico, la situazione che ad ogni Major viene a crearsi, rendendo Zverev un banale comprimario in grado di perdere possibilmente con chiunque.

-Per uno Zverev (ed un Dimitrov) costretti al quinto, c’è un Djokovic che batte in tre Munar, allievo dell’accademia di Nadal, iniziando a carburare colpo dopo colpo sfidando un incontrista tipico della scuola spagnola.
Il serbo, scherzando in conferenza stampa, mette la testa fuori dal tunnel.
Prestiamo attenzione.

Dal vostro cronista è tutto, a domani.

Nicola Corradi

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Nicola Corradi

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