Diario di Wimbledon: giorno 11

-Lasciando da parte i discorsi democristiani secondo i quali Isner ed Anderson altro non sono che due fenomeni, autori di una sfida epica che nessuno di noi sarebbe mai riuscito a disputare (ma va?), nel corso delle 6 ore e 35 minuti di gioco della prima semifinale ho rischiato più volte, con rara concitazione, lo svenimento.
Non che, come ovvio sia in un match durato quanto un rogito notarile, i due bombardieri non siano stati in grado, saltuariamente, di produrre buon gioco, con gradevoli soluzioni da ambo le parti tra tocchi delicati e fondamentali imprendibili. Il filo della chilometrica lana che ha condotto l’intera partita, però, è stato composto da centinaia di servizi vincenti, colpi di inizio gioco talmente potenti e precisi da rendere impensabile l’idea di uno scambio. Quando un evento di questo genere termina 7-6 6-7 6-7 6-4 26-24, soltanto l’emotività del momento può portare un commentatore oggettivo a definire gradevole lo spettacolo al quale si è appena assistito. La platea, orfana di Vate Federer, è ripetutamente colta da fulminanti attacchi catalettici, ultimo spontaneo riflesso di sopravvivenza dopo aver tentato, per liberarsi dall’infinita maratona, di riversarsi sul campo 1, stranamente gremito, per assistere alla semifinale del doppio misto.
L’ultima mezz’ora di gioco è una commovente lotta all’ultimo sangue tra due uomini stremati, con Isner al limite della sopportazione e ciondolante, privo di ogni forza, sul campo. La saetta americana lo tiene in vita per una decina di game, fino a quando la logica conclusione viene segnata da un errore gratuito.
Un’infinita orda di appassionanti osserva con fermento la seconda partita più lunga della storia di Wimbledon. Non lo fa, però, perché ne apprezzi il contenuto, ma perché, in una lunga e accorata preghiera, altro non spera se non vedere il prima possibile i due signori programmati poco dopo sul centrale.

-Nadal e Djokovic sono autori di un’autentica perla tennistica. Costretti a scendere sul terreno di gioco con un ritardo ingestibile, si rendono protagonisti, con immensa gioia degli spettatori agonizzanti, di una partita estremamente ricca di qualità. I due si conoscono alla perfezione, anticipano gli schemi tattici con maestria mettendo in scena un bagaglio tecnico che fa invidia a tutti. Si gioca a ritmi esasperati, la palla brutalmente percossa fischia fendendo l’aria dopo un rovescio incrociato del serbo o un dritto lungolinea di Nadal. È gratificante la scioltezza con la quale Nole anticipa le parabole maiorchine per salire sulla palla dal lato sinistro scegliendo a proprio piacimento l’angolo verso il quale affondare. Per la prima ora di gioco, Nole è interprete di un tattica perfetta, possibile grazie alla suprema prestazione che è capace di offrire sotto il tetto chiuso del centrale. Pare prendere il largo quando, ad inizio secondo parziale, ha la possibilità di strappare il servizio a Nadal e veleggiare verso il traguardo. È in quel momento, però, che lo spagnolo alza il livello, diminuisce gli errori rendendo efficace lo stile propositivo adottato da inizio torneo. Inventa colpi solo a lui possibili, stringe le curve arrotate e accarezza volee lusingate con la delicatezza di un cortigiano ben istruito.
Il terzo set vede il ritorno ad un perfetto equilibrio. Nadal ha un repertorio più ampio, è in grado di variare mentalmente le soluzioni di gioco e scende spesso a rete dopo accelerazioni lungolinea sulle quali Nole può soltanto contenere. Il serbo ha un tennis più regolare, difende mostruosamente in spaccata rimandando un flash dei tempi che furono. È il tiebreak a decidere il parziale, se lo aggiudica Djokovic dopo aver annullato tre set point.
Il giudice arbitro fa il suo ingresso e decreta la sospensione della disputa, gli abitanti di Wimbledon hanno il sonno leggero e non vogliono essere disturbati. Viene così interrotta una delle sfide di maggior qualità degli ultimi dieci anni e il suo epilogo è previsto oggi, a partire dalle 14. La pausa favorirà Novak, che nonostante il vantaggio dava la sensazione di essere sfavorito a lungo termine. Sarà impresa probante, per Rafa, tentare di ribaltarla. Allo stato attuale delle cose, un serbo similmente affine alla versione 2015 è l’incubo peggiore per la fragile psiche di Nadal, che rivede dall’altra parte, in un tetro flashback, la propria bestia nera.

Dal vostro cronista è tutto, un saluto.

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