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Diario di Wimbledon: giorno 6

-Quel tweener lob giocato da Nadal durante la partita nettamente vinta con De Minaur zittisce in soli dieci secondi quella mandria di tifosi ipovedenti che ancora si ostinano a definire lo spagnolo un ottuso randellatore da fondo campo capace soltanto di correre ed arrotare. La sfida con il giovane australiano, tra i meno mediaticamente esaltati, si rivela essere più agevole del previsto e sin dai primi giochi è chiaro come lo spagnolo non abbia intenzione di soffrire più del dovuto per mettere i piedi nella seconda settimana del torneo. Vero è che, più ci si avvicina alle fasi conclusive del torneo, più le possibilità del maiorchino di tentare il colpaccio si fanno concrete, ma ancora è presto, non avendo trovato sul cammino nessuno dei grandi battitori tanto sofferti dal 2011 ad oggi, per valutarne le reali condizioni. Al prossimo turno affronterà Vesely, che supera per la prima volta in carriera una smorta e fallosa versione di Fabio Fognini. Il ceco ha in dote un servizio portentoso e sarà per Nadal la prima reale condizione nella quale testare la risposta al colpo di inizio gioco. 

-Sul campo 1, una visione inquietante mi riporta alla mente sgradite immagini risalenti agli Australian Open. Opposta a Simona Halep, regina delle classifiche che su erba non cambia di una virgola il suo stile di gioco, si teneva in piedi, su due gambe ossute e traballanti, Su-Wei Hsieh. La nativa di Taipei si prodigava come prassi in orride giocate quadrumani, trovando con incomprensibile continuità e precisione angoli stretti e lungolinea profondi. Palle corte tagliate con noncuranza seguiti da dritti in chop che perdono la voglia di rimbalzare e si assopiscono al suolo. Simona Halep, fedelissima seguace di un tennis geometrico e logico, impazzisce di fronte a questo bieco spettacolo. Raggiunge match point, la rumena, prima che l’ostinazione della Hsieh non renda ancor più folli le sue giocate, trasformandola in un muro di estremo rigore. Dopo aver recuperato un break nel set decisivo, questa minuta presenza che si muove sul campo senza lasciare impronte entra in stato di grazia, producendo vincenti a profusione impattati con movimenti così anti tradizionali da generare sconforto alle presenze dei Championship abituati invece alla classicismo dei gesti. Nonostante sulla Hsieh non abbia mai speso parole piacevoli, devo ammettere che, nel momento della sua vittoria, la scena di una donna sinceramente emozionata ed incredula mi ha reso felice. L’orrifica entità di Taipei che genera in me commozione. Sembra un ossimoro e per questo la ringrazio. 

-Alexander Zverev riesce a perdere una partita al quinto set, subendo in questo l’imbarazzante 6-0, contro un Ernest Gulbis arrivato, a metà del secondo parziale, in una condizione mentale talmente destabilizzata da non permettergli di giocare una palla all’interno del rettangolo di gioco, soffocato dal suo stesso dritto, tra i colpi peggiori della storia del tennis. Incredibile come il pargolo predestinato, che ormai di esperienza dovrebbe averne fatta, pecchi sempre sugli stessi aspetti, dimostrando un’arroganza talmente ingombrante da impedirgli di limare i suoi errori e ribaltare una partita importante giocata contro un giocatore meno forte di lui. Crescerà, dicono in tanti. Questo è indubbio, ma arrivati al 2018 dovrebbe essere già cresciuto, dico io. 

-Novak Djokovic vince una sfida importantissima. Quello con Edmund era infatti dotata di un preambolo spumeggiante, dove il serbo sapeva che la minima disattenzione l’avrebbe potuto estromettere precocemente dal torneo. Perso un primo set durante il quale il britannico impatta con foga brutale e colto da raptus di nervosismo controproducenti, è bravo ad invertire la tendenza adottando uno stile di gioco più propositivo e ragionato. Mantiene la diagonale di rovescio, cambia spesso lungolinea e serve all’incrocio quando il punteggio lo richiede. Nole si carica progressivamente, torna a tratti quell’estremo difensore contro il quale, effettuare un vincente, era impresa probante. Nel momento in cui Edmund cala appena di intensità, Djokovic intercetta l’attimo inserendo il pilota automatico, chiudendo con forza i successivi tre parziali e prenotando un quarto turno con Khachanov. Un altro, graduale gradino superato. Attenzione a Nole. 

Dal vostro cronista è tutto, a domani.

Nicola Corradi

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