Nel tennis professionistico degli ultimi anni la figura dell’allenatore sta assumendo un ruolo sempre più centrale nella costruzione di una stagione o di un’intera carriera di un tennista, la tendenza degli ultimi anni, soprattutto fra i top-player e fra i talenti emergenti, è quella di affidarsi agli ex tennisti del circuito, capaci non solo di portare novità tecniche o tattiche, ma anche e soprattutto la lunga esperienza vissuta direttamente sul campo, elemento determinante nelle scelte delle strategie da adottare durante ogni singolo match. Per fare alcuni esempi celebri, dalla fine del 2013 il giapponese Kei Nishikori, ormai stabilmente nella top-10 della Classifica ATP, ha ottenuto notevoli miglioramenti grazie all’ingresso nel suo staff dell’americano Michael Chang, vincitore del Roland Garros nel 1989, che ha insegnato a Kei a gestire al meglio la pressione, come raccontato in un articolo di Tennis Circus qualche tempo fa.
Molto redditizia e certamente da segnalare è stata anche la collaborazione fra Marin Cilic e Goran Ivanisevic per quello che è stato definito un autentico “miracolo sportivo”; di assoluto rilievo sono stati infatti i progressi che il tennista croato ha ottenuto nel caricamento del servizio e nella preparazione del dritto sotto gli occhi attenti del bombardiere di Spalato. I risultati ottenuti grazie a queste variazioni tecniche si sono visti nettamente nel corso della stagione scorsa quando Cilic ha scalato la classifica posizionandosi tra i migliori 10 e guadagnandosi meritatamente un posto fra gli 8 che hanno partecipato al Master di Londra a fine stagione.
Si potrebbe continuare a parlare dell’accoppiata Becker-Djokovic, soprattutto per il modo burrascoso in cui si è interrotto il loro rapporto, oppure del sodalizio Murray-Lendl, ma in questo inizio di stagione è inevitabile che gli occhi e le attenzioni di tutti siano rivolti al binomio vincente Federer-Ljubicic, capace di un exploit che ha lasciato stupiti tifosi, giornalisti ed avversari. La scelta di Federer di affidarsi al croato, nonostante la redditizia collaborazione con Stefan Edberg, ha sorpreso molti sportivi e fan dello stesso campione svizzero che, grazie allo svedese, aveva ritrovato la grinta e l’aggressività dei suoi primi anni di carriera, merito e frutto di una programmazione mirata per mantenere una forma atletica al Top. Sia chiaro la scelta di Ljubicic non è stata fatta in modo azzardato, d’altronde Ivan dal giugno del 2013 era l’allenatore del potente canadese Milos Raonic che tanti progressi ha ottenuto nei quasi due anni di unione, qualcuno però ha storto un pò la bocca riguardo questo cambiamento ponendosi soprattutto la domanda: “Cosa potrà fare in concreto Ljubicic che è praticamente un coetaneo di Federer ed ha lasciato il circuito solo 3 anni fa?”
Per dare una risposta a questa domanda è necessario fare un passo indietro e tornare agli inizi del nuovo millennio, quando nel Febbraio del 2000, sul cemento indoor di Marsiglia, i due si si incontrano per la prima volta in un match valevole per le semifinali dell’Open francese. Negli anni in cui gli americani Andre Agassi e Pete Sampras rappresentavano la Rivalità, i due talenti, molto vicini in quel momento nella classifica ATP (N°67 lo svizzero e N°69 il croato), stavano costruendo la loro carriera, racimolando quei punti necessari a scalare il Ranking. Il match, tutto sommato equilibrato, fu vinto in poco più di 2 ore da Federer che poi proseguì il torneo fino alla finale dove venne battuto in 3 set dal più esperto connazionale Marc Rosset. Da quella data in poi Roger e Ivan si sono scontrati altre 15 volte con il croato che è riuscito a sconfiggere il Maestro in sole 3 occasioni. Sappiamo bene poi come sia proseguita in modo trionfale la carriera di Federer, certamente di più basso profilo è stata quella di Ljubicic che ottenne un risultato comunque di rilevante importanza a metà del 2006 quando raggiunse il 3° posto della classifica dietro i due mostri sacri Federer – Nadal battuti comunque raramente dal croato.
Una delle due vittorie di Ljubicic contro Nadal – Semifinale ad Indian Wells nel 2010
Uno dei pregi principali che negli anni è stato riconosciuto a Ljubicic è stata la bravura nel leggere la partita in anticipo rispetto al suo avversario e pertanto di avere una lucida capacità strategica che gli consentiva di vincere contro tennisti sulla carta nettamente più forti, facendo perfettamente fronte ad alcuni suoi evidenti limiti come la scarsa mobilità, che un tennista di oltre 1,90 cm. non poteva certamente avere. La domanda chiave è dunque la seguente: “Di cosa aveva bisogno Federer per tornare a vincere?” La risposta è esattamente nella carriera di Ljubicic! Non potendo intervenire su una macchina quasi perfetta da un punto di vista tecnico, l’unico aspetto che poteva essere migliorato era la semplice cura dei dettagli, ossia esaltare le caratteristiche peculiari di Federer per renderle ancora più efficaci, permettendogli di trovare soluzioni sempre diverse durante lo scambio. Tutto questo pianificando ogni match con estrema attenzione, mascherando al meglio alcuni limiti di Roger, tra i quali al tenuta atletica o quei colpi che lo svizzero sembra talvolta soffrire. Il compito di Ljubicic è stato pertanto quello di proseguire il lavoro di Edberg mettendoci del suo dal punto di vista strategico, d’altronde il gioco del croato degli ultimi anni è proprio simile a quello di Federer di questo inizio di stagione, ossia ottime percentuali al servizio, aggressività fin dai primi scambi e ricerca immediata del punto accorciando al massimo tempi. Guardare per credere… proprio contro il suo allievo:
Servizio sempre molto potente e aggressività – Federer chiaramente ci mette in più il suo immenso talento
Conosce il mio gioco, conosce il gioco di tutti gli avversari di Roger,
e penso che questa sia una delle ragioni per le quali Roger lo ha
inserito nel suo staff
Con queste parole Novak Djokovic accolse ad inizio 2016 l’annuncio dell’ingaggio di Ljubicic da parte Federer, parole profetiche quelle del serbo che avevano svelato in anticipo di un anno le mire di vittoria di Roger.