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IL TENNIS: UNO SPORT FEROCE E CRUDELE

Quest’affermazione dello scrittore Giorgio Bassani, tratta da “Il giardino dei Finzi Contini” dal cui testo il grande Vittorio De Sica ne trasse l’omonimo film, ultimo dei suoi capolavori cinematografici, premiato con l’Orso d’Oro al festival di Berlino nel 1971 oltre che, con il quarto Premio Oscar al miglior film straniero del regista, questa volta nel 1972; è secondo me una frase emblematica, volta a rappresentare quanto questa disciplina sia un’esperienza unica, forte e totalmente catalizzante nella vita di chi la vive e non solo a livelli professionistici.

Ho cominciato a frequentare questo sport da adolescente, quando la vecchia e ormai non più esistente emittente televisiva Tele Monte Carlo trasmetteva gli incontri – commentati dall’impareggiabile coppia Gianni Clerici e Rino Tommasi – di quella che forse è stata l’ultima generazione d’oro del tennis, i tempi della Navratilova, della Graff, della Sabatini, della Seles, di Edberg, Becker, Sampras e molti altri ancora…

Dopo anni di lontananza, ho adesso ritrovato l’evoluzione del tennis di quel tempo, quello che oggi ha adottato l'”occhio di falco” per certificare se una palla è davvero out, quello muscolare di Nadal, Murray, Del Potro, Berdych, Tsonga, delle sorelle Williams (anche se miss Serena meriterebbe un discorso a parte), insomma uno sport che vive soprattutto dietro la linea di fondo campo, con pochissime discese a rete, quasi più nessuna volée, ma solo grandi sbracciate a tutto campo, dove il servizio ormai facilmente oltre i 200 km orari determina il punto, con la scarsa fantasia di gioco che ne consegue e con un pizzico di noia per chi lo segue …

Eppure l’unicità di questa disciplina, così antica nel tempo quanto recettiva ai nuovi cambiamenti, continua ad esprimere in qualsiasi epoca la propria esclusività, eleganza e la crudeltà che gli appartiene, specie negli incontri di singolare, dove la solitudine del giocatore, sia che esso stia servendo per un match point di uno slam, sia che esso si ritrovi al decisivo tie-break del terzo set in un campetto in cemento con il manto dissestato, diventa a volte atroce, atroce quanto la psiche, domatrice spesso anche delle migliori prestazioni fisiche e tecniche dei più grandi campioni.

Psiche e crudeltà, ecco il connubio senza eguali che distingue il tennis a tutti i livelli. Il connubio che secondo me rende questa disciplina, a prescindere dell’epoca, lo sport più bello, paragonabile forse solo allo stupore che il cinema sa emanare. Quello di Sergio Leone s’intende!

Simonluca Sacco

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