La dura vita di un tifoso di tennis universitario

Questo è il libero sfogo di uno studente universitario alle prese con i tornei del Grande Slam. E con gli esami. Perché sono ormai vari anni, ovvero da quando è iniziata la nostra “avventura universitaria”, che non riusciamo più a seguire un torneo dello Slam nella pace dei sensi. I tifosi di tennis che lavorano pensano probabilmente che noi studenti siamo a casa dalla mattina alla sera e abbiamo la fortuna di poter organizzare il nostro studio in funzione delle partite. La realtà è che, quando sei sotto esame, non c’è proprio un bel niente da organizzare. Da pregare, semmai, quello sì. Perché ogni momento è quello buono per leggere quel paragrafo che avevi saltato, per riassumere quel capitolo di cui non hai capito totalmente nulla, per tentare di finire il libro incomprensibile scritto dal tuo professore e acquistato rigorosamente fotocopiato. Insomma, non c’è un attimo di pace e forse sono solo i momenti del pranzo e della cena quelli nei quali veramente il cervello stacca la spina. E le pause caffè e sigaretta, ovvio.

Ma la cosa più importante è che sembra esserci stata una congiura contro noi studenti. Come a dire, devono essersi seduti tutti insieme intorno a un tavolo, nel momento in cui hanno deciso come distribuire i quattro tornei dello Slam nel corso dell’anno, e devono essersi detti: roviniamo la vita ai tifosi di tennis universitari. Perché non può esserci altra spiegazione alla collocazione in calendario dei quattro tornei più importanti, più affascinanti e combattuti dell’anno.

Cominciando dal primo, gli Australian Open, notiamo come si collocano a gennaio, ovvero mese critico per qualsiasi studente. Durante le vacanze di Natale hai solo mangiato, scartato regali se va bene, giocato a tombola e a sette e mezzo. Arrivi a gennaio più disperato dei tifosi del Milan dopo il rinnovo del contratto di Montolivo fino al 2019. E così non puoi fare altro che studiare dalla mattina alla sera e possibilmente anche di notte, per recuperare tutto il tempo perduto. E incastrare questa folle corsa contro il tempo con le partite in terra australiana che si giocano di mattina (il momento clou per studiare, in teoria) diventa un’impresa quasi impossibile. Poi ovvio, se sei un vero addicted, può capitare che mentre aspetti il tuo turno per sostenere l’esame sei lì a controllare il punteggio live dalla app di Murray-Federer. E quando il professore ti chiama e ti fa la prima domanda tutto quello che ti viene in mente è “tweener”.

L’ultimo Slam dell’anno, gli Us Open, non sono da meno. Dopo l’estate sei nella stessa situazione di gennaio, se non peggio, perché ti senti in dovere di recuperare qualsiasi esame tu abbia arretrato, anche quello di tuo cugino o di tuo fratello, e provieni da un mese di ozio totale. Ed ecco che ti trovi a dover scegliere tra l’alzarti presto la mattina per studiare quelle trenta pagine che ti eri programmato, o rimanere fino alle tre di notte sveglio a guardare Verdasco-Nadal lottare in cinque fantastici set, con tutto quel che ne segue (sveglia a mezzogiorno, litri di caffè, bestemmie varie e cinque pagine in cinque ore, meglio della media gol di Iguain).

Ma è con il Roland Garros e Wimbledon che il calendario tennistico ha dato il meglio di sé. Perché questi due tornei si collocano nel periodo più terrificante di tutto l’anno: la sessione estiva, quando hai alle spalle già mesi e mesi di studio e lezioni, e devi affrontarne altri due con le forze sotto lo zero e il mare come solo lontano miraggio. Allora capita che hai diritto penale, ma il giorno prima dell’esame lo passi a guardare la finale dei Championship. Che poi, non so quale facoltà voi frequentiate, ma io al diritto privato, commerciale, penale e chi più ne ha più ne metta, ho sempre preferito il diritto di Federer.

Antonio De Paola

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