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La prima finale Slam

Nella mia personalissima visione di Denis Shapovalov, la partita di ieri non ha alcun valore, se non quello di confermare, mai ce ne fosse bisogno, che diciannove anni, trovandosi a giocare una semifinale a livello di Master 1000, possano farsi sentire.
Dopo otto game nei quali è stato il servizio a dominare la scena, il canadese si spegne, lasciando a Zverev la vittoria senza nemmeno obbligarlo ad un impegno probante. È innanzitutto evidente che i due non si rendano conto di scontrarsi sul terreno vermiglio, interpretando la sfida con gli schemi tattici e le traiettorie che normalmente vengono utilizzate sul cemento. Escono così, sull’atipica terra di Madrid, più veloce di ogni altra e seconda solo a quella sparsa nel torneo di Quito, giocato a 2800 metri sul livello del mare, scambi brevi, servizi al corpo preferiti alle curve, numerosi lungolinea possibili solo grazie alla potenza inedita dei loro fondamentali che, soprattutto di rovescio, sbracciano due movimenti antitetici.
Zverev, sul lato sinistro, esprime una fluidità tramutata, al momento dell’impatto, in plastica perfezione. La palla sempre colpita al centro della racchetta, e il circolo compiuto dalle braccia trova la sua conclusione avvolgendosi attorno al collo. L’incrociato è usato come arma per aprirsi l’angolo, sfruttando la precisione di più colpi in successione. Il lungolinea, bloccando il movimento, termina la propria corsa nelle estreme vicinanze della linea.
Dall’altra parte Shapovalov, con piedi veloci che gli consentono una migliore posizione sulla palla in fase di spostamento, possiede il miglior rovescio ad una mano della nuova generazione (superiore a quello di Thiem per maggior resa nel rapporto tra vincenti provati e riusciti). Per comprendere appieno il giovane canadese occorre effettuare un cambio di mentalità. Non esistono più le schematiche geometrie, con Denis ci troviamo di fronte a traiettorie nuove, angoli per lui standard che in realtà in non rispettano la logica di gioco, almeno non quella della terra rossa.
A livello di colpi, non esistono dubbi, Shapovalov è più forte di Zverev, possedendo un numero di soluzioni superiori ed una capacità, comune a pochi, di colpire con ugual efficacia sia in fase difensiva, rimanendo lontano dalla linea di fondo, che offensiva, tenendo i piedi ben saldi dentro il campo e anticipando i movimenti con velocità di braccio impressionante. Inutile, poi, il confronto tra la mano dei due.
Emblematico è il pallonetto giocato dal canadese ad inizio primo set, con il polso che di scatto si piega, lasciando fermo l’inerme Zverev nei pressi della rete.
Sasha, come detto da tempo, sottolineato più volte ed assunta l’affermazione a dogma, vincerà più di tutti, perché in grado di aggiungere ad un talento innegabile, pur non essendo a primo impatto illuminante come quello del rivale nella semifinale di ieri, una mentalità da campione navigato, nonostante i soli ventuno anni.
Con i grandi, grandi davvero, ancora fatica, ma è con i coetanei che dimostra una superiorità caratteriale che già li assopisce ancor prima di entrare sul terreno di gioco.
Che posso dire, nella desolante scena di un centrale vuoto, si è consumata la prima, tralasciando Montreal, di tante finali Slam, e, nonostante il risultato povero di emozioni, la bellezza di un nuovo contrasto di stili ha fatto brillare un timido raggio di sole sullo spaventoso termine che tanti chiamano futuro.

Nicola Corradi

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Nicola Corradi

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