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La stagione rossa come il sangue

Dopo la lunga parentesi giocata sul duro, la stagione tennistica torna in Europa e saluta la terra, lasciando che sia la sofisticata location dell’impianto di Montecarlo ad aprire ufficialmente le danze sul lento terreno vermiglio. L’attesa per questi mesi è tanta, data la paura, provata dalla maggior parte dei tifosi, che Novak Djokovic possa ripetere le gesta del biennio 2015-2016, imponendosi anche sul rosso e portando a quattro la striscia di vittorie Slam consecutive. Le ultime uscite del serbo, precocemente estromesso sia da Miami che da Indian Wells, sembrano averlo messo in una posizione di minor favore rispetto a quanto si pensasse, essendo parso nuovamente scarico dopo un Australian Open vinto grazie ad una finale talmente dominata da averlo reso, ai miei occhi, potenzialmente incontrastabile. Ci troviamo ora dunque a discutere di una nuova possibile crisi del numero uno al mondo. Non credo a questa ipotesi, perché è la storia ad insegnarmi che, quando chiamato a vincere, il serbo rinsavisca da ipotetiche crisi, tornando ad essere il muro di gomma (espressione che aberro, ma che lo descrive alla perfezione) capace di inanellare chilometrici filotti di vittorie consecutive. Sarà quindi lui il logico favorito per la conquista dei maggiori titoli che i giocatori si andranno prossimamente a contendere. Dimentico Nadal? Niente affatto. Non conoscendone la condizione, non posso far altro che metterlo a pari merito, in termini di previsioni, con il nativo di Belgrado, nonostante la storia ci dica altro. Dal 2005 ad oggi, una volta che la pallina si tinge d’amaranto, lo spagnolo si trasforma in famelica bestia dalla voracità perenne. Il collerico turbine produce parabole mancine che scavalcano gli avversari impotenti, schiacciati sulla diagonale sinistra e costretti a tentare un disperato anticipo di rovescio. Il due serbo-iberico monopolizza i pronostici degli esperti. Nonostante tanto si parli di nuova generazione, è difficile che proprio la terra possa divenire il luogo in cui si compia il definitivo (quanto temuto) passaggio di consegne. Quest’anno anche Federer, rinato in terra americana, prenderà parte alla rubra guerriglia primaverile. Per il Vate, il primo ed unico appuntamento prima dello Slam parigino, è previsto a Madrid, dove vinse nel 2006, nel 2009 e nel 2012, quando il terreno, per volontà di Ion Tiriac, fu per la prima volta tinto di blu. L’altitudine della Caja Majica favorisce la tattica dell’elvetico, alla frenetica ricerca dell’anticipo con ambo i fondamentali. Il livello espresso da Roger a Miami è stato eccelso. In queste condizioni, può ovviamente essere un valido candidato per un successo sulla terra che manca da anni. Potrà essere tra i favoriti per lo Slam? Difficile, considerata la differenza che intercorre tra le brevi distanze di un 1000 sul cemento e le asfissianti maratone di un 3 su 5 su terra. Thiem, di ritorno sul terreno prediletto, avrà il difficile compito di confermare la finale parigina dello scorso anno, presentandosi ai nastri di partenza come uno dei nomi più caldi del momento. La solidità dell’austriaco probabilmente non lo tradirà, facendolo arrivare in fondo ai tabellone principali. Un exploit, però, appare difficile. Truppa italica in enorme difficoltà, con tutti i paladini azzurri contemporaneamente vittima di una grave crisi di risultati. La terra può dare l’occasione per un minimo rilancio, ma se anche ciò dovesse avvenire, sarebbe tra le fila di tornei di secondo grado. Truppa NextGen, altra definizione che mi repelle, dalle mille contraddizioni. Nessuno, tra loro, sembra avere il gioco adatto per poter essere realmente competitivi sul rosso. I volti nuovi condividono un gioco rapido e spumeggiante, basato su accelerazioni e lungolinea che verticalizzano il gioco portando conclusioni immediate. Non è difficile ipotizzare che alcuni, soprattutto nelle prime uscite, possano cedere agli specialisti, anche non di prima linea, della superficie. Sarà però un ottimo modo per testare la resistenza fisica e la capacità di adattamento tattico di quel ristretto numero di protagonisti destinati a dominare il futuro più prossimo.

In conclusione, la stagione europea pare avere le giuste caratteristiche per poter essere la porzione capace di stabilizzare gli equilibri del circuito, svolgendo il ruolo di preambolo verso una seconda metà dell’anno dalla quale ci si aspetta l’incipit di una rivoluzione. Saranno ancora i soliti a monopolizzare le scene? È possibile, ma nei borghi in prossimità dei rioni principali, trovano il loro spazio futuro ed innovazione.

Nicola Corradi

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