Parlavano di te come fossi già morto.
Leggevo incomprensibili epitaffi che omaggiavano, troppo presto, la tua breve e straordinaria carriera.
Parole tristi, malinconiche. Frasi nelle quali non rimaneva più nemmeno un velo di speranza.
Mi avevano convinto, in fondo, facendomi rassegnare all’idea che di te, su quel campo, sarebbe rimasto soltanto l’immacolato ricordo.
Chiudo gli occhi e vengo trasportato tra gli spalti del centrale di Zagabria.
Dopo oltre quattro ore di gioco, la situazione sembra essersi definitivamente ribaltata.
Stai servendo per il match, sulla tua mano una familiare forma gialla si muove convulsamente e senza controllo.
Lanci uno sguardo a quell’avversario così spietato e nei suoi occhi noti di sfuggita un’inusuale incertezza.
Fai rimbalzare la palla. Una, due, tre volte.
Un lungo respiro ti provoca un brivido che sale lungo la schiena.
Lancio, impatto, servizio, punto.
Game, set and match.
Alzi le braccia al cielo e lasci uscire quell’urlo che da ore stai covando.
“Delpo, Delpo, Delpo!”. Un folto agglomerato di argentini ti rende omaggio trattandoti come un eroe, urlando il tuo nome mentre, con forza ed emozione, stringono al petto quel loro sacro ed inviolabile drappo bianco-azzurro.
Non è questo, però, a stupirmi.
Dall’altra parte del campo, infatti, i padroni di casa ti applaudono con fragore, omaggiandoti per il campione che continui, giornalmente, a dimostrare di essere.
Sì, perché, involontariamente, sei riuscito ad unire, sotto un’unica bandiera, ogni tipo di tifoso. La tua vita, la tua sofferenza ed i tuoi sacrifici, ti hanno reso, agli occhi sinceri del mondo, una figura inimitabile, portatrice dell’essenza sportiva che, ossessivamente, ognuno tende a ricercare.
Perché la tua, Juan, non è una carriera normale.
È il percorso irripetibile di un folle innamorato, che, trovatosi ad affrontare difficoltà per molti insuperabili, ha preferito affrontare e vincere un lunghissimo calvario, per tornare, un giorno o l’altro, a calcare quel rettangolo che, molti anni prima, l’aveva catturato.
E quindi, adesso, goditi questi momenti, perché sono il giusto compenso per il tuo prodigioso percorso.
E grazie, Delpo, per averci raccontato la tua storia.
Una storia d’amore, una storia di sport.
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