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L’insostenibile fardello di chiamarsi Djokovic

Raramente si assiste ad una tanto grande dichiarazione di ammirazione, ma quella fatta da Novak Djokovic al momento della sua vittoria all’AO del 2008 verso il suo fratellino minore Djordje ha avuto, o voleva avere, il sapore della profezia.

Fresco di vittoria su Jo-Wilfried Tsonga, Nole ebbe a dichiarare che no, non era lui il più talentuoso di famiglia, ma che il meglio doveva ancora venire riferendosi all’allora dodicenne fratello minore. Tempo è passato, ed oggi a diciotto anni compiuti Djordje parla in un’intervista a Tennis.com di quanto i suoi avversari sembrino indemoniati nel giocare contro di lui; ebbene sì, fa gola a tutti lo scalpo di un Djokovic, anche se si tratta dell’altro Djokovic. Djordie racconta delle interminabili quanto proficue sedute di allenamento col fratello famosissimo nella off-season e dei suoi preziosi consigli nell’acquisire e mantenere quella straordinaria flessibilità e consistenza fisica che fa di Nole un vero fenomeno.

Il suo più ardente e pressante desiderio, confessa, è quello di trovare presto degli sponsor che lo affranchino dalla tutela economica dei genitori. Il ragazzo, ben conscio della sua situazione di indubbio vantaggio iniziale rispetto a tantissimi coetanei, descrive il suo legame con Nole come il rapporto cardine della sua vita professionale ma, allo stesso tempo, oltre all’ammirazione trapela la voglia matta di spiccare il volo; un volo che sta diventando sempre più difficile da spiccare, posto che il circuito futures ha ormai completamente cambiato volto. Molte volte, infatti, giovanotti di grandi speranze devono confrontarsi con giocatori che occupano posti intorno al numero 180-190 del ranking che partecipano per racimolare punti preziosi; tutto, insomma, è divenuto maledettamente più complicato.

La particolare storia del giovane Djordie pone dei quesiti. E’ forse una questione di geni? Possiamo dare per certo che da una famiglia che ha dato un campione possano venirne fuori altri? La risposta, al momento, sembra essere no. Djordje nella sua carriera da professionista ha vinto un solo titolo, in doppio col britannico Matthew Short ad un evento futures in Serbia; le variabili indipendenti sono tali e tante da rendere impossibile che vi sia una equazione matematica tra la presenza di un campione in famiglia e la successiva fioritura di un altro campione, pur data per certa la gran dose di talento di base.

Insomma, le sorelle Williams e i fratelli Safin sembrano per ora essere un unicum nella storia del tennis. Inoltre, per quanto utile sembri la presenza di cotanto talento affermato nella vita di Djordje, non sfugge ad un occhio critico che Nole, o meglio il percorso di vita che Djordje ha fatto grazie alla carriera e alle frequentazioni del fratello, sono in realtà un ingombro. Forse è meglio partire dalle qualificazioni invece di collezionare wild card (lo scorso anno ne ha avute ben 12). Forse sarebbe meglio cercare e trovare eventuali certezze in vittorie ed ancor più in sconfitte che facciano gavetta pura ed esperienza certa, piuttosto che continuare a stentare saltando a piè pari un’importante fetta di «montagna» da scalare, per poi ritrovarsi sostanzialmente al punto di partenza.

I vantaggi e gli svantaggi di appartenere ad una famiglia tanto importante nel mondo dello sport sembrano equivalersi per il giovane Djordje. Ragazzo simpatico, umile e tenace, il più giovane dei Djokovic farà il suo percorso; lo attendiamo, come attendiamo tutti i giovani, al traguardo che tutti i tennisti ambiscono, quel numero 1 che è nei sogni di tutti e, probabilmente, nelle profetiche parole di Nole. Solo il tempo e il campo lo diranno, i soli due fattori che non mentono e non sbagliano mai.

Redazione Tennis Circus

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