Novak Djokovic è diventato inesistente pt. 2

So solo che, dodici mesi fa, parlavamo del possibile, a tratti certo Grande Slam di Novak Djokovic, condito dalla solita moltitudine di vittorie prestigiose che, in un solo anno, lo avrebbero reso il giocatore più forte della storia. Oggi invece, dopo la notizia del ritiro del serbo dal tabellone di Miami in cui vestiva il ruolo di campione in carica, tutto è cambiato.
Quello che, di questi tempi, si vede sui campi da tennis, non è un giocatore ma un corpo vuoto che, come smorto automa, palleggia di rimessa, sperando, invano, nell’errore dell’avversario. L’impressione di ciò l’avevo già avuta a Doha (torneo poi vinto sotto un scroscio di interminabili applausi), nell’aberrante semifinale giocata col papero Verdasco. Djokovic c’era, ma, al tempo stesso, non esisteva.
Quella che prima era una macchina perfetta, ora è solo un salice bollito, che colleziona sconfitte da arroganti e sprovveduti ragazzotti. Premetto, non credo in nessun modo a quella che, per molti, è la conclamata fine di Nole. Nonostante evidenti isterismi da prima donna ferita, è e rimane comunque un grandissimo giocatore. Il problema, però, è l’incapacità di accettare la sconfitta e vederla come punto da cui ripartire. In un momento come questo, in cui due anziani signori che rispondono al nome di Federer e Nadal tornano a monopolizzare le scene del tennis mondiale, Djokovic si spegne.
Querrey, Delpo, Istomin, Kyrgios. Nomi che, un tempo, considerava come umili compagni di allenamento, ora lo sconfiggono. Al momento dunque, il sadico dominio serbo, in cui come unico ed incontrastato signore veleggiava spedito verso la gloria eterna, sembra essere concluso. Con lui, anche le splendide sfide in cui, aggrovigliandosi tra i propri gommosi arti, si trasformava in muro indistruttibile, provocando al grande pubblico uno stato di perenne catalessi.
Tornerà, il serbo, tornerà per forza. Troppa è l’ambizione e la brama di successi per ipotizzare che non riesca in una nuova scalata al potere.
Magari quest’anno, il prossimo, tra dieci. Forse tra cinquanta, uscendo dall’ibernazione in cui volontariamente sarà entrato per non dover più affrontare Stan Wawrinka.
Tutto è possibile, soprattutto quando si parla del Principe di Belgrado.
Sapete cosa? Al povero Novak, per uscire da questa tragica situazione, servirebbe proprio un guru.
Ah, già ce l’ha? Allora niente, mi rimangio tutto.

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