Quella volta che il tennis cambiò

Una frazione di secondo, l'errore fatale nel momento più delicato. Sono i piccoli gesti che cambiano inesorabilmente la storia del tennis.

È tutto racchiuso in quell’unico colpo.

È il 10 Giugno 1984 quando John Mcenroe, assoluto dominatore del tennis mondiale, è avanti due set a zero contro il perdente per eccellenza, Ivan Lendl, che arriva da un filotto di 4 sconfitte consecutive nelle finali Slam. Il punteggio recita un incontraddicibile 6-3 6-2 a favore dell’americano.
Quel giorno, John, sembra imbattibile.
La terra rossa, scaldata dal sole cocente che batte ininterrottamente sull’infiammata Parigi, pare essere il palco preferito dall’indomabile genio americano.
È un unico e meraviglioso soliloquio.
Il Terribile non può respirare. Il suo avversario verticalizza e scende a rete, trovando delicate pennellate tipiche di quella mano sinistra così palesemente baciata dal candido e cristallino talento.
Quindicimila persone si ritrovano inconsapevolmente testimoni oculari di uno dei più grandi paradossi della storia del tennis.
L’erbivoro per eccellenza, trasportato nel fango nemico, illumina la platea con il miglior gioco mai visto su un campo in terra rossa.
Nonostante tutto, però, era sempre e comunque Super Brat.
Dopo un’ora e mezza di estasiante simposio tennistico, colui che incarna la perfezione si stanca di mostrare al pubblico quanto effettivamente fosse dotato.
Il terzo set scivola via senza troppi patemi a favore del ceco.
Nel quarto John decide di tornare a giocare, ricominciando ad accarezzare la palla con quella delicatezza che solo il rettangolo di gioco gli permetteva di esprimere.
4-2 30-30. Il pubblico tace.
Procede tutto come da copione. Mcenroe prende l’iniziativa, sfiorando appena il terreno vermiglio. Ha sul piatto corde una volee già chiusa, di quelle che, senza esagerare, sarebbe in grado di mettere in campo bendato.
La palla, lentamente, sfila sotto le migliaia di occhi che la fissano ipnotizzati.
Fuori, out.
Da qui, da un banale errore, terminerà la storia del tennis d’attacco, delle racchette di legno, dei grandi idoli che allora apparivano al pari delle divinità.
La partita si concluderà a favore di Lendl, che trionferà per la prima volta in una prova dello Slam.
L’americano, invece, uscirà dal campo distrutto, rifiutandosi di lasciare ogni tipo di intervista.
La nomea di “moccioso” trarrà allora nuova linfa, delineando con precisione colui il quale, per propria volontà o sacra imposizione, è stato decretato come universale spartiacque tra ciò che è stato e ciò che è.

Eppure, è tutto racchiuso in quell’unico colpo.

0 comments
    1. Se è per questo neanche Mc Enroe (come scrive nella sua biografia) era uno che si allenasse spesso, comunque sono quasi 100 titoli di Mc Enroe contro i 10 di Panatta, ed è universalmente riconosciuto a livello internazionale come tra i più grandi di sempre. Panatta grandi potenzialità ma per il resto, tranne che per l’anno d’oro 1976, per cos’altro ce lo ricordiamo?

    2. Sui numeri manco discuto. Guarda oggi un pallettaro come Nadal che risultati ha ottenuto. Io faccio un discorso si talento. I colpi di Panatta erano eccezionali. Lecce vole’e, la sua “veronica”, il suo attacco di rovescio in Back. ….eccezionali.

    3. Mac era semplicemente “The Genius” Rivedersi il 1984 (tutto) solo tre sconfitte su 85 incontri: questa con Lendl, quella con Vijay Amritraji e quella con Sundstrom nella finale di Coppa Davis. A mio parere, avesse vinto quel RG, sarebbe andato sicuramente in Australia ed avrebbe completato il Grande Slam.

    4. Sì Borg aveva fatto il miracolo dei 5 successi consecutivi a wimbledon che per un giocatore da fondo campo come lui è un miracolo. Tuttavia penso che nel 79 se in finale avesse affrontato Panatta e non tunner. . Forse….

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