Svizzera: prima Davis e fine di un’epoca

La Svizzera, grazie al tandem Federer-Wawrinka, ha portato a casa la prima Coppa Davis della sua storia.

E’ una prima volta che però sa anche di chiusura di un’epoca. Per quanto Wawrinka potrà cogliere altri successi nella sua  carriera, Federer ha meno tempo a disposizione e difficilmente rivedremo due campioni del genere combattere fianco a fianco per rappresentare la loro piccola grande nazione. Per questo, nel momento in cui Federer è crollato a terra senza riuscire a trattenere l’emozione, dopo lo splendido drop-shot con cui ha chiuso la partita, dieci e più anni di tennis ci sono passati davanti agli occhi.
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Durante la premiazione è stato difficile non commuoversi, di fronte all’abbattimento dei francesi, che stavolta credevano sul serio di potercela fare, e alla felicità degli svizzeri, con Wawrinka incapace di cantare l’inno, Federer abbracciato all’amico e capitano Luthi, Lammer e Chiudinelli felicissimi, nonostante non siano stati protagonisti in campo, di essere parte di  un gruppo che, a dispetto di tutte le chiacchiere che hanno preceduto la sfida, è sembrato unito e affiatato, più di quello francese.

I transalpini, con l’eccezione di Monfils, escono malconci dal weekend di Lille. Gasquet, dopo una semifinale con la Repubblica Ceca nella quale il suo apporto era stato decisivo, non è riuscito a riscattare, in questi ultimi due match giocati per la sua nazione, un’annata decisamente deludente. Lo stesso discorso vale per Tsonga, al quale il problema al gomito ha impedito di provare a rendersi protagonista, in un periodo comunque non di buona forma. Ma forse la maledizione peggiore è quella di Benneteau: questa finale persa, anche se con la sua squadra, va ad aggiungersi alle altre dieci finali Atp perse in singolare (l’ultima quest’anno a Kuala Lumpur).

Federer e Wawrinka invece hanno suggellato nel migliore dei modi la propria annata.

Wawrinka ha chiuso con questo successo una stagione iniziata con la sua prima vittoria in uno Slam, ma poi proseguita, Montecarlo a parte, con più bassi che alti. A questo punto però, quello che c’è nel mezzo conta poco.

A differenza di Stan, Federer ha mancato l’acuto personale, ma vincendo la Coppa Davis ha portato a casa uno dei pochissimi titoli che gli mancavano. Questa finale ci ha regalato un Roger inedito, invece del solito svizzero tutto flemma e zero sudore. In questi tre giorni abbiamo assistito a svariati c’mon ed esultanze, ai dialoghi serrati con Wawrinka nel doppio, addirittura al grunting nei punti più combattuti.
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Federer aveva deciso di portare la Svizzera alla vittoria insieme all’amico e connazionale, e ci è riuscito, grazie soprattutto alla costanza che ha caratterizzato la sua stagione. Una costanza che gli ha permesso di chiudere l’anno da n.2 del mondo (e in lotta fino all’ultimo per la prima posizione) e che insieme alle finali raggiunte al Master e alla grande battaglia di Wimbledon, nonché ai trionfi di Cincinnati e Shanghai, fa ben sperare per il prossimo anno, nel quale sembra potremo ancora contare sulla sua presenza, da protagonista, nel circuito.

di Benedetta e Antonio De Paola

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