Impossibile non sorridere quando si parla di David Ferrer, uno dei più grandi esempi sportivi che il Tennis può annoverare tra i suoi discepoli. Corretto, signorile nei modi, sempre rispettoso nei riguardi degli avversari e del pubblico, David fa parte di quella categoria di atleti che pur non possedendo un talento cristallino ed un’elasticità fisica da primatista, ha sempre cercato di migliorare e di crescere tatticamente ed atleticamente tramite l’impegno, il duro lavoro, l’abnegazione e la forza di volontà, qualità che nel circuito lo hanno reso una persona speciale, rispettata e ben voluta da tutti. David, classe 1982, catalano DOC, durante la notte italiana ha disputato il suo ultimo match all’interno di una prova del Grande Slam, in quel di Flushing Meadows. Dopo gli ultimi due anni difficili, vissuti in maniera altalenante dal punto di vista fisico, bistrattati da acciacchi e problemi articolari a non finire, in questo 2018 Ferru, spinto anche dalla nascita in primavera del primo figlio Leo, ha deciso di ritirarsi dalle competizioni ufficiali e l’attuale US Open doveva essere il luogo in cui avrebbe salutato (col consueto garbo) il palcoscenico più grande, quello del Grande Slam, che un tempo gli aveva regalato la soddisfazione immensa di giocare una finale e per il quale, ad inizio carriera, nessuno avrebbe scommesso un dollaro sul fatto che avrebbe detto la sua anche nel massimo scenario. Ma un problema fisico, un dolore alla gamba, ha rovinato i piani e ha impedito a Ferrer di portare a termine l’incontro di primo turno con Rafa Nadal, l’amico connazionale e avversario di una vita, il compagno con cui ha condiviso per tre volte la gioia della Coppa Davis, l’avversario più tosto che lo ha ispirato a migliorarsi, a cercare di perfezionare quelle lacune tecnico-tattiche che non gli hanno comunque precluso di raggiungere risultati importanti, come la vittoria di 27 tornei nel circuito maggiore, la finale del Roland Garros, l’ultimo atto delle World Tour Finals, la vittoria al Masters di Parigi Bercy, la già citata Coppa Davis e il numero 3 del ranking mondiale. Una carriera straordinaria dunque quella di Ferrer, che a New York meritava un epilogo migliore e più giusto. Il valenciano sapeva di non avere grandi chances contro Nadal, ma avrebbe voluto combattere fino alla fine, uscire dal campo sconfitto ma non perdente, consapevole come sempre di avere dato tutto prima di doversi arrendere alla legge del più forte. Ma un nuovo dolore fisico, l’ennesimo da 18 mesi a questa parte, gli ha impedito un ulteriore piccolo traguardo, gli ha sottratto la gioia di salutare il circuito Slam con quell’orgoglio che ha caratterizzato la lunga vita trascorsa sui campi da Tennis. Nell’intervista post match sul campo centrale di Flushing Meadows, rilasciata dopo il lungo abbraccio con l’amico Nadal, Ferrer è apparso deluso ed amareggiato ai microfoni: “Avrei voluto chiudere in un altro modo; sapevo di non poter vincere ma volevo giocare fino all’ultimo punto. Ho provato a resistere, ma non ce l’ho fatta. Sono deluso, ma questa è la vita e lo sport. Sono orgoglioso di tutto ciò che ho ottenuto e mi ritengo un uomo fortunato“. Di fronte a tali parole, il pubblico americano si è stretto in un applauso meraviglioso, lungo ed intenso, col quale ha voluto trasmettere al piccolo campione un profondo senso di rispetto ed ammirazione.
“Sono molto dispiaciuto che David non abbia potuto portare a termine questa partita” -dichiarerà appena dopo Nadal in conferenza stampa. “Io e lui abbiamo condiviso dei momenti straordinari insieme; Ferrer è uno dei giocatori migliori che il nostro Paese abbia mai avuto, anche se non ha mai vinto uno Slam. E’ stato sfortunato perché ha dovuto competere nella stessa epoca dei tre giocatori che hanno vinto tutti i tornei“. Poco più tardi arriverà anche il tweet di Roger Federer, che lo elogerà con questa frase: rispetto per il guerriero della strada, alludendo sicuramente alla forza caratteriale di Ferrer, all’umiltà e alla tenacia con cui ha affrontato tutta la sua lunghissima carriera.
Nel 2019, in occasione dei tornei di Buenos Aires ed Acapulco, è certo che assisteremo al ritiro ufficiale del tennista spagnolo, che non darà l’addio ai campi in quanto stanco o demotivato, ma perché scarico fisicamente, a corto di energie e di risorse fisiche dopo 18 anni di lunghe battaglie da fondo campo e di grandi maratone vissute a suon di dritti e rovesci. Se dipendesse da lui giocherebbe all’infinito e continuerebbe a lottare come un leone mai domo, ma il fisico e le articolazioni, usurate da un tennis estremamente dispendioso, ora chiedono il conto e David non può più ostinarsi a rinviarne il pagamento. Mancherà a tutti nel mondo Tennis, soprattutto per la carineria con la quale è sempre stato disposto a rispondere ad ogni domanda, per l’onestà nel riconoscere i propri limiti, per la capacità di non darsi mai per vinto e per l’ostinazione a non volersi arrendere nemmeno per un minuto, conscio che le partite vanno perse ma non regalate. Chissà se un giorno lo ritroveremo a ricoprire qualche ruolo importante all’interno della Federazione spagnola, magari in qualità di capitano di Davis. D’altronde chi meglio di lui potrebbe infondere quel senso di solidarietà agonistica e quella condivisione degli obiettivi alle generazioni future? Nell’attesa dell’evolversi degli eventi, speranzosi di vederlo a Settembre accanto alla sua Spagna nella semifinale di Davis, e nella speranza che prima del congedo definitivo possa imbracciare un altro trofeo, tutti riguarderemo più e più volte l’emozionante applauso che il pubblico newyorkese, ieri, gli ha rivolto. Perché alla fine, più delle vittorie e delle coppe, ciò che resta scolpito nella mente e nel cuore di uno sportivo è l’affetto e la stima del pubblico e ieri David è stato il campione indiscusso dello US Open 2018.