Diatriba Williams-Ramos, chi ha ragione?

Si è da poco conclusa la finale del singolare femminile degli Us Open, una delle più incredibili degli ultimi anni, che ha visto trionfare Naomi Osaka, prima tennista nipponica ad imporsi in uno slam. Le luci dei riflettori, però, sono finite su ben altro questa sera, dato che Serena Williams si è resa protagonista di una parentesi poco felice che ha coinvolto Carlos Ramos, giudice di sedia del match. 4C6BB11C-AFBB-4F13-8BB2-329B00FF8CC1

CRONACA- Inanzittutto, ripercorriamo con calma ciò che è successo. Tutto ha inizio nelle fasi iniziali del secondo set, quando l’arbitro portoghese dà a Serena Williams un warning, poiché rea di coaching. In effetti, come le immagini mostreranno in seguito, Mouratoglou ha cercato di comunicare con Serena attraverso dei gesti, ma ciononostante la tennista americana sostiene di non aver visto nulla e ribadisce la sua innocenza. Malgrado il discorso prenda una brutta piega, con la Williams che alza un po’ troppo i toni, si prosegue tranquillamente con il match. Il secondo capitolo di questa vicenda si manifesta al termine del quinto game, perso malamente da Serena, che se la prende con la racchetta, scagliandola con forza per terra e rompendola. Qui, allora scatta il secondo warning per lei e dunque il punto di penalità. È proprio in questo momento che l’ambiente si surriscalda considerevolmente, complice il fatto che Serena non voglia assolutamente accettare la decisione del giudice di sedia, anzi pretende che sia lui a doversi scusare con lei. Dopo molta fatica per riprendere a giocare, soprattutto a causa delle prolungate proteste delle statunitense, la Osaka tiene rapidamente il turno di servizio ed ecco che succede il patatrac. Durante il cambio campo, infatti, la Williams si lascia andare a qualche parola di troppo e definisce l’arbitro prima bugiardo ed in seguito ladro. Quest’ultimo, dunque, decide di applicare il regolamento alla lettera ed infligge a Serena un game di penalità poiché colpevole di “verbal abuse”. A questo punto, la ex numero uno del mondo non ci vede più dalla rabbia e fa davvero fatica a mantenere la calma ed a ragionare a mente fredda. Non basta neppure il supervisor, che conferma la scelta dell’arbitro, a calmare la Williams, la quale si lascia perfino andare a qualche lacrima, ma poi è costretta ad accettare la situazione ed a portare a termine il match, vinto da una Osaka davvero in difficoltà dal punto di vista emotivo. Si chiude dunque nel peggiore dei modi questa vicenda, sia con il giudice Ramos che non viene premiato sia con un clima infiammato dal maleducato pubblico newyorchese che ha poco a che fare con questo sport. 

SCELTA GIUSTA?- Il dubbio che frulla nella testa di molte persone a questo punto è se Ramos abbia o meno operato nella maniera corretta. Ebbene sì, il giudice di sedia portoghese ha applicato il regolamento come di dovere ed ha punito Serena Williams in maniera crescente, partendo dal warning, passsndo per il punto di penalità e finendo con il game di penalità. Quindi, regolamento alla mano, l’arbitro Ramos non ha nessuna colpa. 

RAMOS- Ci si può invece soffermare su come il portoghese si sia comportato in questa situazione dal punto di vista “umano”. Come sostiene anche Mats Wilander, noto opinionista di tennis, probabilmente Ramos ha sbagliato fin da subito, non cercando di rassicurare la Williams, la quale ha immediatamente cercato di intraprendere una sfida con il giudice di sedia. Quest’ultimo non ha stroncato sul nascere la diatriba, bensì ha lasciato aperto qualche spiraglio di litigo, non riuscendo poi a controllare l’esagerata reazione di Serena. Impeccabile, dunque, per come ha applicato il regolamento; non perfetto, invece, nel colloquio con Serena Williams e, in generale, umanamente parlando data l’estrema fiscalità con la quale ha arbitrato l’incontro. Un altro aspetto che questa vicenda fa venire a galla è il rapporto giocatori-arbitri, che non sempre è dei migliori, nonostante in questo torneo via sia stato un episodio che ha coinvolto Mohamed Layhani e Nick Kyrgios, che testimonia il contrario, ma che non ha certo distolto l’attenzione dai giudici di sedia, costantemente al centro dell’attenzione. 

WILLIAMS- Per quanto potesse avere ragione, e non ce l’aveva, la reazione di Serena è stata decisamente esagerata e piuttosto negativa per una campionessa come lei, che sul campo da tennis si è sempre dimostrata tale, mentre oggi non ha certo dato sfoggio di un comportamento esemplare. Oltre agli insulti rivolti all’arbitro, ovviamente dettati dalla frustrazione ma comunque inconcepibili,  Serena è apparsa piuttosto presuntuosa e arrogante nei dialoghi iniziali con Ramos, cercando di imporre il suo pensiero in maniera troppo decisa, quasi a voler obbligare l’arbitro a darle ragione, talvolta argomentando la sua tesi con argomenti piuttosto discutibili, come ad esempio quando ha detto “I have a daughter, i’m a mum”, cioè “ho una figlia, sono una mamma, riguardo il fatto che non sarebbe capace di mentire. Brutta performance dunque, per la donna Serena Williams, e a dir la verità anche per la tennista, che ha inoltre messo in difficoltà la sua avversaria, la quale ha faticato e non poco a trattenere le lacrime durante la premiazione ed ha dato l’impressione di sentirsi molto a disagio in un Artur Ashe infuocato. 

MOURATOGLOU- Il coach di Serena Williams, Patrick Mouratoglou, è stata la prima persona a dare il via a questa incredibile vicenda, facendo scattare la scintilla iniziale che ha poi scatenato tutto il resto. C’è però una premessa da fare: nel circuito Wta è consentito l’intervento dell’allenatore, ad eccezione degli slam, dove non è permesso comunicare. Incurante di questa regola, il coach francese ha tentato, poiché la Williams sostiene di non aver visto nulla, di mandare dei messaggi a Serena tramite dei gesti, in particolare consigliandole di servire al corpo della sua avversaria, ed è stato notato dal giudice di sedia, che è corso ai ripari assegando un warning alla statunitense. Nell’intervista post match, Mouratoglou ha dichiarato che ciò che stava facendo si trattava effettivamente di coaching, salvo poi cercare di giustificarsi con delle spiegazioni poco condivisibili del tipo “lo fanno tutti” oppure “dovrebbero lasciar correre”. 

In conclusione, si può affermare che sia Ramos che Serena Williams hanno sbagliato, ma fin quando si applica il regolamento si sta dalla parte del giusto, mente nel momento in cui l’istinto prende il sopravvento e non si controllano più le parole allora si finisce nel torto. Perciò, Ramos ne esce giustamente molto più pulito di Serena Williams, anche se in verità, in questa diatriba, purtroppo, la vera sconfitta è Naomi Osaka.

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